Pane e quotidiano con Antonia Pozzi (V Parte)
Pochi grammi di poesia al giorno per stare a contatto con l’universo poetico che vibra intorno a noi.
Antonia Pozzi vive dentro di sé un dramma esistenziale che nessuna attività riesce a placare. La mancanza di una fede, rispetto alla quale, pur avendo uno spirito profondamente religioso, rimase sempre sulla soglia, contribuisce all’epilogo. A soli ventisei anni si toglie la vita, nel prato antistante l’Abbazia di Chiaravalle. E’ la sera del 3 dicembre 1938. L’amore per la poesia e per la montagna non l’hanno, purtroppo, salvata dalla tragica fine, ma hanno certamente permesso alla sua anima di sentirsi parte di una natura, di una terra che dopo averla generata l’ha riaccolta nell’ultimo ed estremo atto. Da alcuni decenni la sua figura di donna e di poeta è oggetto di una straordinaria riscoperta di pubblico e di critica, sia in Italia che all’estero.
Mattino
In riva al lago azzurro della vita
son corpi le nuvole bianche
dei figli carnosi del sole:
già l’ombra è alle spalle, catena
di monti sommersi.
E a noi petali freschi di rosa
infioran la mensa e son boschi
interi e verdi di castani smossi
nel vento delle chiome:
odi giunger gli uccelli?
Essi non hanno paura
dei nostri volti e delle nostre vesti
perché come polpa di frutto
siamo nati dall’umida terra
Pasturo, 10 luglio 1938
Rubrica a cura di Maria Pia Latorre ed Ezia Di Monte
Pubblicato il 12 Febbraio 2022