Cultura e Spettacoli

Per i “gettatelli” solo un filo di speranza

Nato a Galatina nel 1836, Gioacchino Toma è stato tra i più famosi pittori pugliesi e tra i maggiori dell’Ottocento napoletano. Un sua tela a olio s’intitola ‘La guardia alla ruota dei trovatelli’ (nell’immagine). Fu realizzata poco prima del 1877, anno in cui l’opera fu presentata all’Esposizione Nazionale di Napoli ; attualmente è conservata presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Il dipinto ha per oggetto la celebre bussola girevole di forma cilindrica presente in tutti i monasteri. La Ruota, di solito costruita in legno, era divisa in due parti, chiuse per protezione da uno sportello, delle quali una era rivolta all’interno e l’altra all’esterno. Combaciando con un’apertura su un muro, la Ruota permetteva di collocare, senza essere visti dall’interno, gli esposti, cioè i neonati di cui le madri volevano disfarsi. Facendo girare la ruota, che azionava un campanello, la parte col ‘figlio della colpa’ veniva immessa all’interno dove, aperto lo sportello, chi stava di ‘guardia’ poteva prendere il neonato e usargli le prime attenzioni. Attive sin dal Duecento, queste Ruote esaurirono la loro funzione in Italia nella seconda metà dell’Ottocento ; per arrivare alla loro abolizione si dovette aspettare il Regolamento generale per il servizio d’assistenza agli Esposti emanato nel 1923 dal primo governo Mussolini. Com’era la situazione a Bari? Gli atti del Consiglio Decurionale consentono di dire che alla fine del Settecento il numero dei “gettatelli” si aggirava intorno ai trenta l’anno, dei quali solo un paio sopravviveva ai primi dodici mesi di vita. Per fronteggiare la piaga l’Università barese munì di ruota una misera casetta al cui interno una levatrice, remunerata con sei carlini al giorno, si premurava di soccorrere i poveri Esposti, farli battezzare e presentarli al Sindaco per la denuncia di nascita. A quel punto il primo cittadino affidava il trovatello a donne “di buona volontà”, che venivano ricompensate (una tantum) con sei carlini. Tale sistema di assistenza, malgrado il costo di trecento ducati l’anno, prelevati dalla gabella sull’olio, non funzionava. Allora si pensò di destinare alla causa fondi maggiori (novecento ducati), per reperire i quali il Consiglio barese bussò a quattrini alla Regia Camera della Sommaria, antenata della moderna Corte dei Conti. Uno spreco, ammonì l’Intendente di Polizia del tempo riferendosi al fatto che, salvo eccezioni, una volta cresciuti quegli infelici andavano ad accrescere il popolo dei fuorilegge e delle prostitute. Gli scarsi documenti sopravvissuti e non sfuggiti al vaglio di Vito Melchiorre non consentono di conoscere la risposta della Sommaria.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 25 Febbraio 2017

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