Cronaca

Piazza Umberto I, Ferro alla Patria! E via la cancellata

Ci si lamenta del degrado di Piazza Umberto I, che, non solo di notte, è habitat di tossici, sbandati e vandali. La presenza di un presidio, anche militare, si è rivelata un deterrente modesto. Così come servono a poco le circa venti telecamere a circuito chiuso in funzione ai margini della piazza : non prevengono ; al più si rivelano utili a cose fatte. Il danno è da valutare non solo in termini d’immagine e di ordine pubblico. Si pensi alla mancata risorsa turistica in fatto di ricchezze non valorizzate come il  palazzo dell’Ateneo, della vasca da cui nel 1915 per la prima volta sgorgò l’acqua del Sele, di un’area botanica ricca di quasi cinquecento piante e di quell’altra chicca architettonica che è il ‘dormiente’ edificio Ex Goccia di Latte. Serve un piano di riqualificazione e che magari abbracci pure l’ex Palazzo delle Poste, la fontana di piazza Moro e le due avvilite, adiacenti aree verdi. Nel frattempo, sostiene qualcuno, perché non recintare il giardino come è stato fatto per quello di piazza Garibaldi o di parco 2 Giugno? E pensare che fino all’imminenza dell’ultima guerra il giardino di piazza Umberto era avvolto da una monumentale cancellata. Duramente colpita nel 1935 dalle Sanzioni votate dalla Società delle Nazioni per via della sciagurata campagna d’Etiopia, l’Italia aveva cominciato a patire la carenza di materie prime, tra cui il ferro. Tale carenza si fece più pesante quando tre anni dopo Italia e Germania firmarono il Patto d’Acciaio, preludio allo scellerato ingresso da parte nostra nel teatro di guerra. La necessità di reperire ferro e la parallela difficoltà ad approvvigionarsi di quel metallo presso i mercati esteri, spinse il Fascismo, già in regime di autarchia, a lanciare campagne di raccolta. Non bastassero tonnellate di anelli nuziali già sacrificati sull’altare della guerra, adesso tutto il ferro superfluo andava donato alla Patria. Venne raccolto ogni rottame in abbandono : navi, vagoni, aerei decrepiti. Non bastando, si prese a rovistare nelle discariche : anche un barattolo, un chiodo arrugginito andavano bene. Quando anche questa estrema risorsa si rivelò insufficiente, fu il momento, come si dice, di raschiare il fondo del barile. E fu la volta di ringhiere, campane, recinzioni e cancellate, anche al prezzo della perdita di pezzi di assoluto pregio storico-artistico. In questo clima qualcuno a Bari si ricordò della cancellata che tutelava il giardino di Piazza Umberto I e così… Che ne fu di quel ferro ? Facile immaginarlo trasformato in bombe, fucili, cannoni ed altri strumenti di morti destinati di lì a poco a volgersi come boomerang verso i fautori di una guerra gratuita. Guardando ad oggi si deve convenire che le Sanzioni solo fino a un certo punto possono ricondurre alla ragione chi abbia smarrito il buon senso, oltre alla prudenza del buon governo e delle relazioni internazionali.

Italo Interesse


Pubblicato il 18 Ottobre 2022

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