Cultura e Spettacoli

Tigellino, affaroni in Puglia

Nel Libro XVI degli Annales di Tacito si legge che durante l’impero di Claudio, Tigellino, destinato a divenire il crudele braccio destro di Nerone, si arricchì gestendo ippodromi nelle Puglie e in Calabria, come allora era chiamato il Salento… Ippodromi in Puglia? La nostra terra può vantare avanzi di anfiteatri romani, non di siti preposti all’ippica. Se li ebbe, essi non raggiunsero mai le dimensioni di un Circo Massimo. Diversamente, qualche rudere sarebbe rimasto. Tutto ciò che si può immaginare è strutture messe in piedi alla periferia delle sole città di pianura (ebbe un ippodromo anche Barium?). Cose alla buona ricavate livellando superfici o adattando alla bisogna spianate naturali. Dunque, due semplici rettilinei paralleli in terra battuta raccordati da curve a breve raggio e avvolti da steccati dietro cui si assiepava il pubblico. Insomma, nessuna enfasi architettonica, niente gradinate, colonne, archi e fregi, bensì cose alla buona, piste. Difficile immaginare che a queste condizioni ci si potesse arricchire. Tuttavia, quando c’è febbre da gioco e scommettitori incalliti, anche una struttura da poco può diventare una fabbrica di denaro. Evidentemente, nelle Puglie del nord come in quelle del sud, le cose andavano così. Un giro d’affari imponente da cui Roma ricavava un importante gettito fiscale. Di qui l’imprescindibilità della nomina imperiale per i Fiduciari degli ippodromi di questo e di quell’altro angolo dell’Impero. Chissà con quali maneggi il losco Tigellino si aggiudicò uno di questi ambitissimi appalti. Quanto al resto bisogna lavorare di fantasia. Il buon senso lascia pensare a una varietà di figure professionali e a un ben articolato regolamento. Giudici di gara stazionavano su torrette elevate all’altezza del traguardo per stabilire l’ordine di arrivo. E altri giudici erano distribuiti lungo il percorso per vigilare che i concorrenti non violassero le regole di gara. Molti gli addetti alla manutenzione dei cavalli, delle stalle, dei magazzini-ricovero per le bighe, dello spogliatoio dei fantini-aurighi. Spettatori e scommettitori restavano al di là della recinzione che circondava il terreno di gara. Un angolo dell’ippodromo, poi, era destinato agli allibratori. Ecco un’altra intrigante figura professionale. Come lavoravano i raccoglitori di scommesse di duemila anni fa? Forse consegnando ad ogni scommettitore primordiali fiches personalizzate e corrispondenti ciascuna a quel cavallo o a quella biga. Per incassare il vincitore doveva consegnare la fiche. Nell’interesse collettivo nerboruti individui si tenevano pronti a intervenire nel caso contestazioni o litigi degenerassero.

 

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 28 Febbraio 2019

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