Cultura e Spettacoli

A Dolcemorso l’avamposto dei Peucezi

Originari dell’Illiria, forse cacciati da invasori venuti dal cuore della penisola balcanica, nel primo millennio avanti Cristo gli Japigi migrarono verso le coste pugliesi, dove si stabilirono. In un secondo momento, mescolandosi alle popolazioni indigene, questo popolo diede vita a tre etnie : i Dauni a nord, i Messapi e sud e, al centro, i Peucezi. Occupiamoci di quest’ultima fiera e bellicosa stirpe, concentrata sul territorio che si raccoglieva intorno al sito su cui più avanti avrebbe visto la luce Bari. Stante la carenza delle fonti, i limiti di tale territorio restano indefinibili. Grosso modo, tenuto conto della perenne instabilità dei confini, la terra dei Peucezi (un regno, almeno fino al 317, stando a Strabone) corrispondeva all’estensione della provincia del capoluogo pugliese prima dell’istituzione della BAT. Un quattro-cinquemila chilometri quadrati, dunque, misura di tutto rispetto per l’epoca, tenuto conto che nello stesso momento l’influenza di Sparta non superava gli 8400 kmq, che il potere di Siracusa si fermava a 4700 kmq e che Atene dominava su appena 2650 kmq. Il dominio peucezio era compreso fra Gravina a ovest, Canosa a nord, Egnazia a sud e Dolcemorso a sud-est. Dolcemorso… quale toponimo suadente e dall’etimologia inafferrabile. Ad esso corrisponde una boscosa contrada del territorio di Mottola. In vetta a un rilievo di 320 m. sono stati rinvenuti i resti di un insediamento fortificato risalente all’epoca peuceta (VIII secolo a.C.), come testimoniato dagli elementi decorativi dei frammenti ceramici tornati in luce e dalle tecniche impiegate nella costruzione di alcuni ambienti (utilizzo di pietrame misto). Il rinvenimento è avvenuto alla fine degli anni ottanta e – duole dirlo – sulla base della segnalazione di precedenti scavi clandestini. Ad oggi l’insediamento di Dolcemorso è stato oggetto di una sola e limitata campagna di scavi condotta dalla Sovrintendenza Archeologia di Puglia tra il 1998 e il 1999. Di più non si è potuto, essendo la collinetta coperta da una fitta boscaglia, per cui il sito è di fatto inesplorato. I lavori hanno messo in luce i resti – ben conservati – di una decina di alloggi sviluppati per un 500 metri quadri in prossimità di una probabile acropoli e di una doppia cinta muraria. Le mura si presentano innalzate in opera poligonale, ovvero composte da grandi massi lavorati sino ad ottenerne forme squadrate, ideali per incastrarsi senza bisogno di calce o malta. La prima cinta presenta tre ingressi ravvicinati e una rampa d’accesso che, si ipotizza, conducesse a una postierla (piccola apertura che nelle fortificazioni del passato era praticata in luogo nascosto e distante dalle porte principali per assicurare un passaggio d’emergenza). – Nell’immagine, ceramica peucezia rinvenuta a Monte Sannace (Gioia del Colle).

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 26 Agosto 2021

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