Cultura e Spettacoli

A San Nicandro il miracolo all’incontrario

 

Non passa giorno che non si senta dire di attori e registi pugliesi, di cinema di casa nostra o da altri girato in casa nostra. L’overdose non rende giustizia a questa regione, ora più che mai fotografata come la terra dei monumenti, del mare pulito e del buon cibo. Contro la noia di questa Puglia gettata in faccia come un spot, questa fucina di stereotipi, suggeriamo di andare indietro nel tempo per tornare ai giorni in cui i primi cineasti cominciavano il sud-est del Belpaese. Non sono stati molti quei cineasti. Fra i pochi vogliamo considerare ora Elio Piccon che nel 1965 girò tra Lesina e San Nicandro Garganico un lungometraggio, ‘L’antimiracolo’, che poi ottenne il Leone di San Marco alla XXVI Mostra del Cinema di Venezia. Ottantasette minuti in b/n girati con modalità, per dirla con termine moderno, da docu-film. Un po’ si recita, un po’ si fa sul serio intorno alle storie parallele di due poveri pescatori. Uno si costruisce una barca per pescare dentro la laguna, l’altro cerca di procurarsi un pezzo di terra bonificando a forza di braccia un tratto paludoso dello stesso specchio d’acqua. Il primo muore affogato, il secondo vede il proprio lavoro spazzato via da un devastante temporale. La rabbia impotente di quest’ultimo che prende a pugni l’acqua putrida di Lesina chiude il film. Nel gesto si condensano secoli di vita agra e di emarginazione storica. Per quanto qui si vedano pescatori raggiungere in motocicletta il luogo di lavoro e giovani ballare il twist, il distacco di quest’angolo di mondo da altre più fortunate realtà del Belpaese e che col bum economico hanno un rapporto meno epidermico, è palese. Peccato che Piccon sottolinei questo distacco calcando un po’ la mano. Il ritratto che ricava è quello di un mondo vero, tuttavia un po’ ‘cercato’. Ne viene un Mezzogiorno oleografico, da cartolina, che è poi quello radicato nell’immaginario collettivo e perciò più difficile da estirpare. E’ il Sud dei ‘vinti’, del Cristo fermo ad Eboli o dei cafoni all’inferno, volendo chiamare in causa Tommaso Fiore. La voce di Roberto Cucciolla che fuori campo illustra buona parte del film sembra accentuare la scelta del regista ligure. Sicché stupisce affatto che a San Nicandro Garganico invece del miracolo economico si realizzi il suo opposto, ovvero la resistenza vittoriosa di usi millenari al progresso economico e civile. Né giova a ‘L’antimiracolo’ questo colore leggermente esotico. Latita qui il senso della madre-Patria, sembra d’essere ai confini del mondo. Il film di Piccon rivela un modo tipicamente nord-italiano di guardare a Sud. Sia pure affettuosamente, è sempre un guardare dall’alto (della penisola) al basso della stessa.

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 28 Novembre 2014

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