Assunzioni e consulenze “inopportune” in via Cognetti
Non c’è pace nell’Acquedotto Pugliese, tra dighe e acque invase da chiazze scure, concorsi, nomine e assunzioni poco trasparenti. In campo è sceso nuovamente il MoVimento 5 Stelle della Regione Puglia che, dopo interpellanze, esposti e denunce ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Bari in merito proprio sulle procedure di assunzione e consulenze “inopportune” in via Cognetti. “Abbiamo mantenuto la promessa – ha spiegato la consigliera Antonella Laricchia – e dopo le due maxi interrogazioni indirizzate al Presidente Emiliano, a cui non sono seguite risposte soddisfacenti, abbiamo ufficialmente depositato la documentazione in Procura. I nostri stessi rilievi erano stati effettuati dal Collegio dei Sindaci con due verbali – continua – e abbiamo anche segnalato alla Procura le risposte laconiche del Presidente De Sanctis e del Presidente Emiliano. Avevamo suggerito al Governatore l’azione di responsabilità sociale per tutelare le risorse dei pugliesi e il futuro del Servizio Idrico Integrato, suggerimento a cui purtroppo è seguita, per tutta risposta, la nomina a Direttore Generale del Presidente di Acquedotto Pugliese e dunque il suo tanto atteso aumento di stipendio. Sappiamo bene – incalza la pentastellata – che si tratta della “conditio sine qua non” per portare a termine il disegno della multiutility del sud, con il coinvolgimento dei privati, tanto utile ad Emiliano per le sue alleanze territoriali”. Ora l’Acquedotto è a un bivio: o si ripubblicizza totalmente o si privatizza, visto e considerato che i cittadini pugliesi hanno già espresso la loro volontà votando per l’acqua pubblica al referendum del 2011. “Emiliano tuttavia prosegue in direzione ostinata e contraria – incalza Laricchia – convinto forse di poter nascondere le sue responsabilità dal momento che la privatizzazione si può realizzare in tanti modi immediatamente o gradualmente. Il M5S ha fatto il massimo – conclude – e continuerà a difendere questo prezioso diritto dei pugliesi ma ha trovato un muro di gomma con cui sta facendo i conti. Siamo convinti che a questo punto solo l’intervento della magistratura possa aiutare i pugliesi”. Un passo indietro: già a fine 2016 i penatastellati di via Capruzzi avevano inviato una missiva all’allora assessore Giannini e al presidente Emiliano, chiedendo di rispettare l’impegno sancito da una precedente mozione che chiedeva, appunto, l’istituzione d’un tavolo tecnico paritetico composto dalle istituzioni e da attivisti del Forum dell’Acqua Pubblica per ipotizzare il futuro dell’Acquedotto Pugliese, rispettoso dell’esito del Referendum di sei anni fa. “Non possiamo lasciar trascorrere altro tempo – tagliava già allora corto la Laricchia – prima di avviare un processo partecipato per dare seguito al risultato del referendum di cinque anni fa, con cui i cittadini pugliesi hanno espresso la volontà di abrogare le leggi per la privatizzazione dell’acqua e quindi ripubblicizzare il nostro Acquedotto Pugliese. Anche in aula – precisava la consigliera – è stato ribadito a Emiliano la nostra intenzione di ridar voce al tavolo composto dalle istituzioni e da attivisti del Forum dell’Acqua Pubblica a cui la Regione potrebbe far intervenire il professor Alberto Lucarelli, l’unica persona in Italia ad aver concluso con successo la pubblicizzazione di un ente dell’acqua come l’ARIN Spa di Napoli trasformato nell’ente pubblico Acqua bene comune Napoli. Non possiamo più attendere oltre – conclude – Siamo certi che le nostre richieste non saranno disattese>>. Epperò, tutto tace su questo fronte della ripubblicizzazione dell’Acquedotto Pugliese, e quindi della tutela dell’acqua pubblica come diritto inalienabile. Anche perché – bisogna ricordare – che un anno e mezzo fa il comitato pugliese “Acqua Bene Comune” incontrava Michele Emiliano per un confronto sulla Legge nazionale sull‘Acqua e sullo “status” di AQP. Il governatore definì l’acqua “bene comune pubblico” ed ebbe a dire che “il servizio idrico deve essere privo di rilevanza economica, e gestito da un ente di diritto pubblico con la più ampia partecipazione della cittadinanza nella gestione e nel controllo”. Evidenziando perfino che “è fondamentale che la politica riacquisti la sovranità del governo dell’acqua, unico modo per garantire il diritto umano all’acqua potabile sancito dalla Risoluzione dell’ONU del 28 luglio 2010”. Insomma, il governatore non si lasciava sfuggire l’occasione per garantire l’istituzione di un tavolo tecnico istituzionale teso a considerare le modalità più efficaci per assicurare il rispetto dei principi referendari. Un’altra promessa a vuoto? Da allora è stata ritirata la disastrosa mozione del consigliere PD Abaterusso che impegnava la Regione ad avviare l’iter di cessione delle azioni di AQP a tutti i comuni pugliesi, ma le belle parole di Emiliano sono rimaste lettera morta. Non sarà mica perché sotto c’è qualcos’altro, tipo la trasformazione di Aqp in una ‘multiutility’ con capitale privato e quotata in borsa (con relativo incarico di consulenza strategica per l’espansione delle attività di AQP per 130mila euro). Ora sono trascorse ben due stagioni e la ripubblicizzazione dell’acqua pare passata di mente a chi governa le sorti di Aqp, per cui il bene più prezioso per l’uomo dovrà restare rigorosamente pubblica, slegata da logiche di profitto. Il presidente Emiliano e la sua giunta non possono, specialmente in questo particolare momento storico per la Puglia e non solo, permettere il lusso di essere demagogici o addirittura contraddittori. Ed è triste constatare che anche sulla gestione d’una risorsa di importanza vitale per la comunità debba metterci mano la Magistratura.
Francesco De Martino
Pubblicato il 30 Settembre 2017