Cultura e Spettacoli

Dandin, cornuto e mazziato

Oggi un George Dandin, il protagonista dell’omonima commedia di Molière, non finirebbe affogato, né allungherebbe il numero dei femminicidi assassinando la moglie infedele. I parvenu dell’era globale sono assai più smaliziati. Invece quelli del tempo del Re Sole erano troppo candidi per reggere l’onta del ritrovarsi al risveglio dal loro sogno di riscatto sociale cornuti e mazziati. Dandin fa pena, perché è solo, nessuno lo comprende, nessuno lo assolve dal ‘peccato’ di ardire l’impossibile. Col  sacrificio del pover’uomo, Molière – che qui forse coglie il destro per dolersi d’aver sposato una donna sensibilmente più giovane – mette in guardia la piccola e rampante borghesia prerivoluzionaria : Nessuna speranza di integrazione con una classe (la nobiltà) che può essere solo sterminata. Al di là delle numerose ragioni di riso e di pianto (c’è anche una povera donna costretta da un genitore avido a uno sgraditissimo matrimonio d’interesse), ‘George Dandin’ è opera crudele, tagliente come una lama di ghigliottina. Questa strisciante perentorietà aleggia nell’allestimento in cartellone al Duse e col quale si è inaugurata la stagione di quel teatro. Con ‘George Dandin’ (Associazione Teatro dell’Altopiano) Carlo Formigoni, ben coadiuvato da Diane Guerrier, dà vita a una messinscena efficace e, come suo solito, essenziale, anzi spartana, in più segnata da un colore fosco sin dalle prime battute. Nel gesto d’apertura di Dandin di porre in proscenio un cartello che indica la presenza di un fiume, in cui egli annegherà miseramente, è annunciata la tragedia. Non per questo Formigoni rinuncia ai tanti spunti comici che il testo offre. Una comicità che, come tutto lo spettacolo, procede in apprezzabile equilibrio fra cadenze da teatro dell’arte e stilemi tipici della tragedia greca (tutta l’azione si svolge nell’arco di ventiquattr’ore nello stesso luogo). Contro un fondale cromaticamente uniforme e nel quale si aprono spiragli che via via divengono porte o finestre si muovono maschere. L’uomo in frac, la serva ruffiana, il servo sciocco, il marito becco, la fedifraga, l’uomo-cane esprimono con gestualità esemplare un campionario d’emozioni che afferra la platea ; efficace anche la trovata di alternare all’italiano schegge di sapido dialetto. In scena lo stesso pimpante Formigoni nei panni di Monsieur di Sotenville. Intorno a lui si muovono, meritatamente applauditi, i bravi Salvatore Laghezza (Dandin), Cilla Palazzo (Angélique), Adriano Basile (Clitandre/Lubin) e Angelica Schiavone (Claudine). Degno di menzione il lavoro di Renzo Antonello (maschere) ; sartoria : Pretty Moda ; oggetti di scena : Lisa Serio.

Italo Interesse


Pubblicato il 24 Settembre 2013

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