Cultura e Spettacoli

E chi lo dice? ‘a gente!

Wikipedia sarà anche una gran cosa ma la facilità con cui accoglie contributi di dubbia provenienza nuoce al suo buon nome. Specie là dove è possibile colmare un vuoto, pseudo studiosi calano come falchi. C’è chi abbocca e la frottola passa per storia. E’ il caso, per esempio, del ‘Tummà’, folletto dal naso gigante (“simbolo di fertilità”), al quale, stando a una leggenda diffusa “nel basso ceto barese” e nata “nel periodo medievale”, si attribuisce l’origine dell’ulivo in Puglia. Spiega l’anonimo redattore che il nostro folletto ha pure un soprannome (u sgummà), appartenendo all’omonima “tribù”, che viene dal “paese dei Ladisi”, paese che si suppone collocato in una zona corrispondente alla “antica stazione di Bari” (se ferroviaria, ne esiste una ‘nuova’?…). Allontanatosi dal suo paese per cercare il tesoro degli Giacomini, che sarebbero gli Arabi (!), si perde. Preso dalla disperazione scoppia in lacrime, ma “grazie al fazzoletto che portava sempre con sé donato dalla fata Dusica (dal dialetto pugliese, meretrice)”, inondò del suo pianto l’arsa terra di Puglia facendo miracolosamente germogliare foreste di ulivi. Come può un fazzoletto diventare indispensabile al bagnare di lacrime qualcosa quando è pensato per ottenere l’effetto opposto? Non ci risulta che in qualche dialetto pugliese la parola Dusica corrisponda a meretrice. Quanto ai simboli di fertilità, sapevamo dell’uovo, della tripla spirale celtica e del melograno, ma il naso… Chissà l’ascella, il calcagno e il gomito cosa simboleggiano. Facciamoci coraggio e andiamo avanti : La favola “è in disuso”. Ciò sarebbe dimostrato da “recenti ricerche”… Sicché più di uno studioso si è occupato dell’argomento e in tempi non lontani da quelli presenti. Peccato che tanto sforzo invece di approdare a fonti che vadano al di là della tradizione orale si esaurisca nella “dimostrazione” che ormai non si sente più di Tummà u sgummà. I pochi che ne parlano ancora sono alcuni anziani baresi i quali assicurano i loro nipoti : il Tummà  si nasconde ancora nel nostro territorio e chi riesce a prenderlo per il naso e a rubargli il fazzoletto può diventare ricco (sicché alla fine il tesoro dei Giacomini l’ha trovato…). Cliccando su Google alla voce Folclore d’Italia ritroviamo il nostro ‘Tommaso’ presentato con le stesse parole di cui sopra. Insomma, c’è chi ricama intorno a spunti antichissimi ‘localizzandoli’ e c’è chi, dopo aver preso per oro colato queste notiziole le eleva alla dignità di studi scientifici. Non è difficile appellandosi al ‘sentito dire’ ciarlare di fiabe, favole, storie e storielle di Puglia senza timore di smentite. Viene in mente Tina Pica, la celebre caratteristica del cinema degli anni cinquanta, che nel famoso ‘Pane amore e fantasia’, in cui è la burbera governante di un focoso Maresciallo dei Carabinieri (De Sica), contesta al suo impenitente datore di lavoro la cattiva nomea di rubacuori. Al che lui s’indigna : E chi lo dice? La risposta arriva come una rasoiata : ‘A gente!

Italo Interesse

 


Pubblicato il 4 Agosto 2015

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