Cultura e Spettacoli

… e invece la fonte è in contrada Ponte della Macina

Con i suoi 134 km totali di corso è il più importante fiume della Puglia per lunghezza, bacino e ricchezza d’acque; inoltre risulta anche il secondo fiume più lungo fra quelli che sfociano nell’Adriatico a sud del Reno (dopo l’Aterno-Pescara) e uno dei più lunghi dell’Italia meridionale. Parliamo dell’Ofanto, la cui fonte si vuole a 715 metri di quota in località Piano dell’Angelo, nel territorio di Torella dei Lombardi, un piccolo centro dell’avellinese. Tuttavia recenti e più accurate ricerche, riferisce lo youtuber Luigi Salzarulo, hanno spostato quella fonte più ad est di cinquecento metri, ai piedi di una quercia in contrada Ponte della Macina. E la fonte, strano a dirsi per un corso d’acqua di quella lunghezza, non consiste in un complesso di micro sorgenti ravvicinate, bensì in un solo, esile sbocco da cui prende vita un ruscello dal corso rettilineo. Nasce così un fiume glorioso, di cui hanno parlato Orazio, Polibio e Strabone e che ha visto la strage di Canne, un corso d’acqua riportato nella Tabula Peutingenaria (carta militare romana), che vanta dieci affluenti, dà vita a sette invasi, attraversa una trentina di centri abitati, è diventato sede dell’omonimo Parco Naturale Regionale e ha fatto da motivo d’ispirazione per il pennello di Giuseppe De Nittis (vedi immagine). L’Ofanto è anche stato un’importante via d’acqua. Nel 1820 le comunicazioni nel Mezzogiorno d’Italia erano particolarmente lente, specie fra la sponda tirrenica e quella adriatica, separate da un ostacolo naturale, la cresta appenninica, valicabile solo a fatica. In un passo di ‘Saggio sulla popolazione del Regno di Puglia nei tempi passati e nel presente”, del nostro Luca De Samuele Cagnazzi (Altamura 1764 – Napoli 1852) si fa cenno ad un sogno diffuso fra gli scienziati del tempo: “Se si riuscisse a unire due fiumi degli opposti pendii facendoli con arte montare il ridosso della spina degli Appennini si otterrebbe la comunicazione degli opposti mari”. Cagnazzi si riferisce all’Ofanto e al Volturno, allora navigabili. Di quale “arte” si parla, qui? Probabilmente di un sistema di canali intervallati da chiuse. Un progetto fattibile tecnicamente, non economicamente. Al più si poteva costruire una buona strada di raccordo fra i punti estremi di navigabilità, con servizio alternato di barconi e carri o carrozze. L’idea di un canale navigabile in Puglia rifece capolino quarantanove anni più tardi, questa volta spostato più a sud di 200 km: un canale navigabile che congiungesse Taranto e Brindisi. Si trattava di ‘raccordare’, allargandoli, i vari canali di scolo che in quel tratto percorrono il nostro territorio. Anche questa volta non se ne fece niente. Non hanno mai incontrato fortuna queste idee in Puglia, nemmeno in passato: Nel 1501 Isabella d’Aragona si insediò a Bari in qualità di Duchessa. All’epoca un modesto corso d’acqua (il Picone) scorreva a nord ovest della città sfociando grosso modo dove ora si spegne via Brigata Regina. Suggestionata dalle teorie di Leonardo da Vinci (che ella a lungo frequentò alla corte di Milano) in ordine alla città ideale, Isabella concepì l’idea di un canale navigabile che collegasse la foce del Picone all’antico porto di Bari. Il disegno aveva una duplice valenza: difendere l’abitato facendolo circondare dall’acqua anche nell’entroterra e creare un’agile via interna di comunicazione. Le dimensioni del canale erano tali che “tre buone barche poste in fila potevano navigare comodamente” (Beatillo). I ponti levatoi che dovevano superarlo in corrispondenza delle strade provenienti dall’entroterra avrebbero anche svolto la funzione di nuove porte cittadine.  L’opera, per l’epoca grandiosa, era già a buon punto quando nel 1524 la duchessa morì. Rimasto incompiuto, lo scavo avrebbe potuto essere completato più in là (e chissà allora quanto sarebbero mutati volto e storia del capoluogo pugliese) se il 20 ottobre 1557 non fosse stato devastato da un’esondazione del Picone.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 16 Settembre 2022

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