Cultura e Spettacoli

Fannì, la cambiale non vale

Uno sforzo produttivo appassionato e imponente (più di settanta i professionisti coinvolti a vario titolo), coronato da meritato successo. Ecco in sintesi il bilancio dell’ultima, attesa produzione del Dipartimento di Canto e Teatro Musicale del nostro Conservatorio. Frutto del lavoro di una qualificata equipe coordinata da Giacomo Colafelice e Domenico Colaianni (con la partecipazione dell’Accademia di Belle Arti di Bari e della Regione Puglia), questo ‘La cambiale di Matrimonio’, opera prima di un Rossini pressoché adolescente, ha messo tutti d’accordo soprattutto per il modo in cui ha esemplificato il concetto di ‘farsa giocosa’. La regia di Domenico Colaianni, in sintonia con scene e costumi e il senso ridanciano del libretto di Gaetano Rossi,  coglie in pieno il carattere ‘buffo’ e agile di un genere operistico che incontrò ottima accoglienza tra fine Settecento e inizio Ottocento là dove le produzioni non godevano di larghezza di mezzi. Un genere che per le sue caratteristiche si presta a rivisitazioni anche audaci, mentre la stessa cosa non può dirsi a riguardo del melodramma, oggi adombrato da forzature nefaste nel nome della più pretestuosa modernità. Per esempio, qui l’arredamento della casa di Mr. Tobia Mill – il ricco mercante inglese, padre della povera Fanni, di fatto ‘venduta’ per ragioni d’affari dall’arido genitore al collega statunitense, Sloock – ha nulla del gusto del periodo in cui l’immaginaria vicenda si svolge e che potrebbe essere circoscritto al 1810, anno in cui ‘La cambiale di matrimonio’ debuttò al Teatro Giustiniani in San Moisé di Venezia. Invece di poltrone, divani, cristalliere, quadri e tappeti, quattro spogliatoi in legno nudo occupano la scena. Montati su ruote, essi fungono da quinte. si prestano ad assemblaggi diversi, persino alla composizione di immagini una volta ruotati opportunamente. Tutto ciò, corroborato dalla presenza di domestici vestiti da operai con caschetti di protezione e tute da lavoro, produce un curiosissimo ‘effetto-Ikea’. In tale precario clima da trasloco s’inseriscono con buon risultato tocchi esotici e stravaganze ‘gonfiabili’ (una palla-zucca, un salvagente a cuoricino, una camera d’aria, una banana e persino uno scheletro). Una sensualità garbata, infine, fa capolino qua e là. Se si voleva cogliere di sorpresa il pubblico e divertirlo, l’obiettivo può dirsi raggiunto. Più che buona l’accoglienza della platea – un migliaio gli  spettatori che tra venerdì e sabato hanno affollato l’Auditorium Nino Rota – per questa messinscena, che sabato era tutta a ‘trazione orientale’ relativamente alle voci maschili.

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 26 Settembre 2018

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio