Cultura e Spettacoli

I demoni diedero ragione al cafone

“Il cafone all’inferno” è con ‘Un popolo di formiche’ l’opera più importante di Tommaso Fiore  (Altamura 1884 – Bari 1973), massima espressione nostrana del meridionalismo. L’opera, che denunciava un sistema economico pressoché feudale, per cui un lavoratore della terra valeva meno di un mulo, è tornata d’attualità con l’avvento dell’era globale, era infausta e responsabile tra l’altro d’aver ridotto in schiavitù un terzo dei lavoratori a sud del mondo.  ‘Il cafone all’inferno’ prende spunto da un sapido racconto popolare. Nell’amena storia, almeno nella versione a cui abbiamo avuto accesso, si racconta di un cafone del foggiano che dopo morto si incammina verso il Paradiso nella certezza di meritarvi un posto dopo una vita consumata a lavorare come un bestia tra rinunce e bocconi amarissimi. Ma bussa-bussa, con sua grande sorpresa constata che le porte del Paradiso restano serrate. Deluso, il poveraccio ripiega sul Purgatorio. Almeno lì… Macché. I guardiani del Purgatorio si rivelano altrettanto ostinati di quelli dei piani alti. Non restandogli che l’Inferno, deluso, il cafone si reca lì, dove non esiste bisogno di bussare essendo le porte spalancate in permanenza. La visione del luogo di dannazione non spaventa il nostro peccatore il quale, anzi, manifesta sollievo e si adatta senza difficoltà ai tormenti che gli vengono inflitti. L’insolito atteggiamento non sfugge ai demoni che, perplessi, prospettano il ‘caso’ al loro Principe. Lucifero allora convoca il cafone cui chiede se risponde a verità che egli si trovi all’Inferno meglio che in Terra. Nel sentirsi rispondere di sì, domanda donde venga il peccatore. E il cafone si mette a raccontargli della riarsa piana pugliese, del lavoro stremante con la vanga sotto la sferza del caldo e delle mosche e della paga ridotta a un pezzo di pane e la protervia dei padroni, gli abusi, le umiliazioni… Il Tavoliere peggiore dell’Inferno? Lucifero stenta a crederlo. Chiama allora un demone e gli comanda di volare nel Tavoliere, di assumere sembianze umane, farsi ingaggiare come manovale e, dopo, tornare a riferire. Il diavolo obbedisce e spicca il volo. Torna dopo appena due giorni, irriconoscibile. Bruciato dal sole, coperto di piaghe, smagrito, malfermo. Ebbene?… Il Principe è due volte curioso. Ebbene, il ‘povero’ diavolo è scappato senza nemmeno intascare il guadagno! Quel posto, quel lavoro, quella paga infamante, quella gentaglia dei ‘signori’… impossibile restare. Il cafone ha ragione, l’Inferno non è qui bensì in Capitanata. Al che Lucifero convoca tutti e demoni e annuncia che bisogna fare il bagaglio e trasferirsi immediatamente nel Mezzogiorno d’Italia. Come ha detto il cafone che si chiama quel posto, Tavoliere delle Puglie?

Italo Interesse

 

 

 


Pubblicato il 30 Gennaio 2016

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