Cultura e Spettacoli

Il canto del ‘seringuero’

Trentuno anni fa, a Xapuri, in Brasile, Chico Mendes cadeva sotto i colpi di due rancheros ‘spazientiti’. Nel gesto dei due assassini si raccoglieva il sentimento rancoroso di una classe padronale spaventata all’idea che un seringuero (termine  portoghese che indica chi da alcuni alberi della foresta amazzonica ricava il lattice necessario alla fabbricazione della gomma) potesse sollevare un categoria di comuni braccianti contro i signori del disboscamento. Al non inutile sacrificio di quest’uomo Vito Latorre dedicò un lavoro andato in scena nel 2012, prodotto da Onirica. A sette anni di distanza il teatrante pugliese si convince della necessità di richiamare ancora l’attenzione pubblica sul problema della deforestazione dell’Amazzonia. Tale necessità nasce dal fatto che l’interesse mediatico a tale proposito è in calo costante dacché in Brasile – guarda caso – è salito al potere Jair Bolsonaro, un impudente che non fa mistero del suo disegno di stroncare ogni ostacolo al ricavo di qualunque ricchezza la foresta amazzonica possa offrire a breve termine. Perciò, al fine di conservare significato al sacrificio dell’eroico seringuero, Latorre si rimbocca le maniche e riallestisce quella produzione. ‘Chico Mendes – la foresta per la vita’, in questi giorni in cartellone al Teatro Duse, riaffronta il tema con modalità sensibilmente diverse. L’elemento nuovo consiste nel ricorso al teatro delle maschere. Qui gli avversari di Mendes si svestono dei moderni connotati per assumere quelli – senza tempo – degli archetipi della tipologia umana. In scena sembra si agitino il Capitano, Pantalone, Arlecchino… Invece sotto la maschera si cela il tracotante Padrone da multinazionale, l’efficiente Braccio Armato, il devoto Servo Prono… Sicché in platea non si ride. E se si ride, si ride amaro. Non potrebbe essere diversamente dal momento che questa volta la bella Rosaura e il poverissimo Olindo non fanno fesso l’avaro Pantalone il quale alla figlia vorrebbe affibbiare lo straricco Tartaglia. Qui si spara (accidenti che botti) e per fortuna si muore solo per finta, mentre sul palcoscenico della vita si muore per davvero, magari con tre colpi di rivoltella sparati in viso a bruciapelo… Latorre mescola alquanto le carte : La cadenza è pugliese, si canta un po’ alla Brecht, scorrono immagini, gli stacchi musicali sono affidati ad un sitar… L’insieme comunque funziona, malgrado un avvio un po’ didascalico, tuttavia giustificabile alla luce del fatto che questi sono spettacoli destinati ad essere portati nelle scuole. Insieme al versatile Latorre sono in scena i validi Francesco Casareale, Antonio Repole e  Silvana Pignataro – Realizzazione maschere in cuoio: di Graziano Viale Sefir. Non-linear video editing: Antonio Repole. Collaboratore progettuale: Bruno Niola (Responsabile del Centro di Educazione Ambientale WWF Pollino Basilicata di Chiaromonte – PZ)

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 26 Novembre 2019

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