Cultura e Spettacoli

Il delfino e l’uomo, feeling remoto

Mentre navigava nello Jonio,  Taras (o Falanto  a seconda delle ‘vulgate’) fu sorpreso da una tempesta. Sbalzato in acqua, venne soccorso da un delfino. Depositato dal cetaceo in riva allo specchio d’acqua oggi detto Mar Grande, l’eroe greco s’innamorò del posto e decise di fondarvi una città, che poi avrebbe preso il suo nome (Taranto). Così il mito. Del mito rimase traccia così profonda nella cultura locale che verso il 560 a.C. la zecca della città jonica, allora floridissima colonia magno-greca, stampò uno statère d’argento del peso di un sette otto grammi e del diametro di 25 mm. dove una faccia reca incisa l’immagine di un delfino cavalcato da un uomo. Il caso di Taras non è isolato nella storia antica, a conferma di quanto remoto sia il rapporto tra uomo e delfino. Arione di Metimna, poeta lirico del VII secolo a.C., imbarcatosi per Corinto, venne derubato dei suoi averi dalla ciurma. Prima di essere gettato in mare chiese di poter cantare suonando la lira: la melodia raggiunse un branco di delfini. Quando i marinai-pirati naviganti si liberarono del poeta, questi venne aiutato dai cetacei che, caricandoselo a turno sul dorso, lo depositaro sulla spiaggia di Capo Tenaro da dove Arione proseguì a piedi fino a Corinto, città retta dal tiranno Periandro il quale, informato della vicenda, fece catturare e giustiziare quei malfattori… Nella sua ‘Naturalis Historia’ Plinio il Vecchio racconta una storia commovente ambientata sulle rive del lago di Lucrino, nei pressi di Pozzuoli. In questo lago, che in passato un istmo artificiale legava al Tirreno, un delfino si era introdotto fissandovi la propria dimora. Sulle rive del Lucrino passava tutte le mattine uno scolaretto diretto da Pozzuoli a Baia. Notato il cetaceo, pur di avvicinarlo il fanciullo cominciò a fargli dono della merenda. Ne nacque un’amicizia talmente grande che il delfino faceva montare in groppa il ragazzo per condurlo a scuola ; allo stesso modo, lo riportava a casa. Poi un giorno il bambino si ammalò e morì. Il cetaceo però continuava a presentarsi ogni giorno nel luogo consueto ad attendere l’arrivo del suo ‘amico’. Quando capì, si fece ‘triste’ e si lasciò morire… Una storia analoga è narrata nel suo ‘Cose d’Egitto’ da Apione, un erudito del I sec. d.C. : “Io poi ho visto di persona, nei paraggi di Dicearchìa, un delfino morbosamente affezionato a un ragazzo di nome Giacinto. Al richiamo di lui agitava la coda e dava ali al suo spirito, ripiegava in dentro le pinne guardandosi così dal pungere minimamente il corpicino amato e lo portava a spasso a guisa di cavallo fino alla distanza di duecento stadi. Roma e l’Italia intera affluivano allo spettacolo di un pesce suddito d’Afrodite… In seguito questo medesimo ragazzo amato dal delfino s’ammalò e morì. L’innamorato seguitava a giungere alla solita spiaggia ma non c’era da nessuna parte il ragazzo che soleva aspettare il suo arrivo sull’orlo dell’acqua: e la nostalgia lo distrusse; e morì. Giacque sul lido, fu trovato da gente che sapeva. Lo seppellirono nella tomba del suo ragazzo”.  Il feeling uomo-delfino non si ferma all’era pagana. Compare anche nell’agiografia cristiana : due delfini recano a riva san Callistrato, che Diocleziano aveva fatto gettare in mare; il corpo di Luciano d’Antiochia è trasportato da un altro delfino; san Martiniano fugge le tentazioni della lussuria cavalcando un delfino ; personaggi a cavallo di un delfino fanno parte del mosaico pavimentale della cattedrale di Otranto…

Italo Interesse

 


Pubblicato il 2 Luglio 2013

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