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Il Divin Codino ‘minimizzato’ e visto come eterno secondo

Roberto Baggio forse è stato secondo solo a Diego Armando Maradona, sua ‘Eccellenza’ il Calcio, colui che ha vinto un Mondiale con l’Argentina, ma anche qua ci si potrebbe discutere ed avere punti di vista diversi in quanto Roberto Baggio da quando aveva 18 anni o giù di lì, si è sottoposto ad un intervento chirurgico al ginocchio per rottura del crociato che avrebbe potuto interrompere la sua carriera, invece ha continuato sino al 2004, vincendo anche un Pallone d’Oro. Impensabile ricordare Baggio per aver sbagliato il rigore di ‘Pasadena’ ad Usa 94’, chi lo ha visto giocare dal vivo: lo ricorda per come illuminava le vie del gioco mandando in gol i suoi compagni di squadra, da come ubriacava di dribbling e finte gli avversari, disegnava parabole uniche su punizione e faceva magie. Baggio, insomma si ama e non si discute e dovunque è andato ha regalato emozioni uniche, dalla sua Vicenza al Brescia a fine carriera conducendolo in Coppa Uefa e mancando la convocazione al Mondiale del 2002 nel suo Giappone (per la sua fede buddista), per una vera blasfemia perpetrata dall’allora Commissario Tecnico, Giovanni Trapattoni, il quale lo ha letteralmente preso per in giro, in quanto gli aveva promesso che se fosse stato bene, lo avrebbe convocato. Roby Baggio, che recuperò  in modo lampo dall’infortunio in 77 giorni, tornò in campo e fece la differenza a suon di assist e gol, ma nonostante ciò, non  venne convocato neanche come porta borse o per giocare gli ultimi dieci minuti, di quel maledetto Mondiale dove uscimmo agli Ottavi contro la Corea del Sud, Baggio, quello con il codino ha scritto la storia del calcio italiano, gli è mancata la vittoria mondiale, ma a quella finale contro il Brasile ci ha portato lui, non va dimenticato.

Il film di Letizia Lamartire, molto ‘incensato’ ma ne esce una ‘diminutio’ per Baggio –   Era stato molto celebrato il film uscito sulla piattaforma Netflix, in uscita dal 26 maggio. Abbiamo provato anche a contattare la regista barese, Letizia Lamartire del film dedicato a Roberto Baggio, per farci una chiacchierata e chiedere sul come si sia deciso, questo tipo di taglio per un’icona del calcio, ma non v’è stata risposta. Il film ha la durata di un’ora e mezza, quasi quanto una partita di calcio, senza tempo di recupero, lo si vede per la curiosità, ma senza pathos e tutto incentrato sulla finale disputata ad Usa 94, salvo qualche altro passaggio. Ma della genialità e classe estrema del Divin Cordino non c’è traccia, di quando ha vinto il Pallone d’Oro, delle polemiche feroci quando lasciò la Viola per approdare alla Juventus, non c’è traccia, così come della Coppa Uefa vinta o dei suoi anni al Milan o all’Inter giocando anche con Ronaldo e facendo il gol decisivo in uno spareggio per andare in Europa al portiere del Parma, allora Gigi Buffon. Così come si passa, dalla sua prima convocazione con la Nazionale nel 1988 contro l’Olanda, anche se viene detto dal dirigente della Fiorentina: ‘Andiamo a Pescara per la gara con la Nazionale’, ma va bene. Non si può saltare il Mondiale in Italia nel 90’ quando Baggio segnò contro la Cecoslovacchia, segnò anche contro l’Argentina di Maradona ai rigori ma perdemmo ugualmente, e nella finale a Bari, al San Nicola contro l’Inghilterra, segnò una delle due reti che consentirono il terzo posto agli azzurri. Il Baggio che ne esce dal fil, a tratti è riduttivo, goffo e sembra quasi ‘spigoloso’ con i suoi tecnici, infatti è evidenziato quasi un atteggiamento di superiorità nei confronti del C.T: Sacchi, dando risalto persino all’affermazione, fuori luogo, che disse il suo presidente della Juve, l’Avvocato Agnelli definendolo alla vigilia della semifinale un ‘coniglio bagnato’, un’affermazione infelice che non suggerisce neanche commenti. Il film si conclude con il Baggio che a Brescia viene esaltato dal suo tecnico Carletto Mazzone che lo tratta come un figlio e sulla delusione della mancata convocazione al Mondiale in Giappone, nonostante il recupero lampo dall’infortunio. Ed ancora una volta, traspare più quella maledetta ossessione del Mondiale del 94’ che la voglia ed amore di Baggio di vestire la maglia azzurra e dare semplicemente il suo contributo, perché lo avrebbe meritato e basta. Pochissime le immagini di repertorio, il film si concentra molto sulla psicologia del personaggio, interpretata dall’attore, Andrea Arcangelo che riesce molto bene a far rivivere quello sguardo tagliente e profondo del numero dieci che segnava evidentemente anche con lo sguardo. Ma sarebbe bastato per non appesantire una trama che invece risulta pesante nel suo complesso e che non rende giustizia ed omaggio al numero dieci, ricordare come Baggio segnò su rigore a Francia 98’ a Barthez, il portiere più forte di quegli anni, soltanto quattro anni dopo quell’errore contro Taffarel. Da salvare, la canzone che viene lanciata nel finale cantata dal cantautore, ex vincitore di Sanremo, Diodato che lo omaggia con ‘L’uomo dietro il campione’, mentre Roberto Baggio all’uscita da un minimarket viene sommerso di abbracci dai suoi tifosi del Brescia. Namastè Divin Codino e grazie di averci fatto innamorare del pallone!

M.I.

 


Pubblicato il 2 Giugno 2021

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