Cultura e Spettacoli

In angustum contemnenda coacta (4)

Prima di trattare altri Argomenti di ben altra Gravità Etica, anche, per Rodare il mio Scrivere, vorrei SoffermarMI, ancora una volta, sull’italiettino degrado, declino culturale, di cui più non si può tacere; sull’omologazione linguistica, che non può non essere omologazione esistenziale e, quindi, di visione del mondo, cioè, anche, sottoculturale. Declino culturale, omologazione linguistica o, “tout court”, omologazione, che sorprendono insospettabili accademici, politici, sindacalisti, insigni professionisti, a detta della plebe, che li osanna. Ebbene, nel programma televisivo della Gruber, ”Otto e mezzo”, edito dalla 7, la rete di Cairo, tra gli altri, erano ospiti il tatuatissimo, barbuto, simpatico “blogger”, D’Agostino, e una prof. essa (o professora ?) di cui, purtroppo, non ricordo il nome e il cognome, che insegnerebbe in una università parigina. Ad un certo punto dell’infuocata “querelle” sulla renziana controriforma costituzionale, la pulzella non d’orleans, che si professava sputata fan del putto gigliato, incalzò il povero D’Agostino interrogandoLo sul significato dell’Aggettivo ”Classico” e, accortasi degli indugi del suo Interlocutore, con enfasi accademica Ne sparò l’erratissima, ridicola accezione: “Classico è tutto che viene insegnato in classe”. Nell’ ascoltare siffatta boiata, immantinente, fui preso dalle ipercinesie da “corea minor” o, più prosaicamente, da “ballo di san vito” e, all’unisono col mio incontenibile QuerelarMI sull’ignoranza che, come le “palme” di Sciascia, sale, ognora, più in alto, Immaginai: di volare a parigi e, dopo aver dato uno strattone alla titolare della cattedra, la presunta solona, dalla Gruber invitata a sproloquiare sui fatti e misfatti renziani, di Spiegare a stupefatti studenti l’autentico, filologico, storico senso dell’Aggettivo “Classico”. Spiegazione che Dono, “etiam”, alla ciurma dei boriosi dirigentucoli di licei classici,  di insegnantucoli che salgono in cattedra in essi, ormai, dimessi e dismessi della Cultura Classica: gli uni, renzianamente, ducetti, gli altri, renzianamente, schiavetti ignorano perché la loro scuola s’appelli, proditoriamente, impudentemente, “Classica”. Ebbene, l’Aggettivo “Classico”, non ha, filologicamente, assolutamente, niente da  spartire con le classi scolastiche, se non, indirettamente, ché in talune di esse dovrebbe Risuonare l’Alata Poesia, la Lingua di Omero e di Virgilio. Invece, l’Aggettivo “Classico” Sortisce dalla Storia di roma in cui allignò la gramigna di una società, eminentemente, classista. Infatti, in roma si drizzarono per molti secoli  due classi sociali: degli “ottimati”  (“optimates” in Latino, erano coloro che si consideravano i ”migliori”, anche, perché si credeva discendessero da eroi leggendari o da divinità), componenti della fazione aristocratica conservatrice della tarda repubblica romana, grandi proprietari terrieri che, oltre ad avere un potere economico, esercitavano un potere politico, essendo i rappresentanti di essi i detentori delle massime cariche istituzionali. Salvaguardavano i privilegi, la visione del mondo, cioè la cultura, le tradizioni della classe, cui appartenevano; dei ”plebei”, formata dalla maggior parte della popolazione che lavorava nei campi o svolgeva attività artigianale o commerciale. I “plebei” per molto tempo furono esclusi da tutti gli incarichi pubblici. Da una costola dei “plebei” emersero gli “homines novi” che, incominciando da zero e seguendo un “cursus honorum”, si fecero strada fino ad arrivare alle cariche dello stato e ad assumere il potere. In fondo alla piramide sociale languivano gli schiavi, considerati cose del padrone, senza Libertà, senza Dignità, senza Diritti. I patrizi, gli aristocratici, cioè coloro che si consideravano i ”migliori”, o gli intellettuali, ad essi organici, si fecero mentori della Produzione Culturale, in roma e in grecia (ché, anche la società delle “poleis” greche era, fortemente, classista e schiavista), e del Processo di Elegante Elaborazione Formale delle rispettive Lingue, sì che si ebbe la Cultura e la Lingua Classica, perché frutto della Messa a Punto Intellettuale e del Processo Linguistico Sviluppato dai ”migliori”, ovviamente, classisticamnente, parlando, appartenenti alle prime classi egemoni, economicamente, politicamente, in roma e in grecia. Pertanto, la “Cultura Classica”, per antonomasia, é la Cultura Greca e Latina; le “Lingue Classiche”, per antonomasia, sono la Lingua Latina e la Lingua Greca antica, e i Licei Classici, sono così nomati ché in essi, irrevocabilmente, preponderante deve essere lo Studio della Cultura e della Lingua dei Greci antichi e dei Latini. Qualcuno potrebbe eccepirMi, obbiettarMI che sarebbe, pedagogicamente, irrituale, a dir poco, ammannire agli imberbi la cultura, la visione del mondo di ladroni, di guerrafondai, di schiavisti, quali furono, storicamente, i greci e, in special modo, i romani dei “ghene”  e delle “gentes” aristocratici; bisogna, però, Ribadire con Marx e Gramsci, che le Opere  Scientifiche, Filosofiche, le Magnifiche Cattedrali della Poesia e della Prosa, le Sublimi Sculture e Pitture e Affreschi di Pensatori, di Scienziati, di Poeti, di Prosatori, di Artisti di tutti i tempi, compresi Quelli  Vissuti  nell’antichità greca e latina, giammai si appiattirono sulla realtà sociale, politica, culturale del loro tempo,”sed” con essa, con esso Dialogarono, sì che le loro Opere Risultarono il Rispecchiamento Dialettico di essa o di esso e, molto, spesso, se non sempre, il “The End” della loro Fatica ha Contraddetto le Idee, i Convincimenti, le “Doxai”, i pregiudizi, perfino, dai quali erano partiti per tentare di Capire il loro mondo. Per traslato il significato di “Classico”  ha Tracimato oltre le colonne d’ercole di Ciò che Si Riferisce alla Cultura, alla Letteratura, alla Scienza, alla Filosofia Greca e Latina e ha Nobilitato il “Meglio” di spazi,  di eventi, di Creazioni Artistiche e Intellettuali di altre umane stagioni. Ad esempio: i Classici della Letteratura Italiana, i Classici della Filosofia Occidentale, i Classici della Pittura Francese, i paesaggi classici dell’italico stivale, i classici delle corse ciclistiche, le partite classiche del campionato di calcio italiano. Quanta pena MI fanno gli attuali accademici italiettini, sia che facciano i loro bisognini in patria, sia che li esibiscano all’estero!

Per Parafrasare Dante, come nell’italietta di ieri, anche in quella di oggi, più non suona il “sì”, per esprimere assenso, consonanza, accordo, sostituito per mera, patologica esterofilia (a dire il vero, il pesce puzza dalla testa, come si suol dire nelle taverne. Ammesso che, antropomorficamente, la testa del popolicchio italiettino sia renzi e, quasi ,quasi, MI sto convincendo che così sia, sta di fatto che costui, tra i tanti “disimpegni” negli “states” aveva un incontro, da un istituto culturale invitato, per magnificare la Bellezza dell’italico Idioma e, invece, di esprimersi in Italiano, gran parte del suo dire s’è ingolfato di termini del suo inglese macaronico, tra l’altro) dall’ ”okai” anglosassone. Invece, nell’italietta di oggi,  per mera omogeneizzazione linguistica, che è, anche, come “supra Diximus”, omogeneizzazione sottoculturale, esistenziale, politica (fatta di pancia), è sparita la congiunzione “o” dall’eloquiune degli italiettini e dilaga in esso l’avverbio “piuttosto”, sì che gli italiettini con arrogante ignoranza s’illudono, sostituendo la “o” con “piuttosto”, d’essere aulici, eleganti nel loro grugnire e, inconsapevoli, commettono, per Parlare Latino, un intollerabile strafalcione. Infatti, la “o”, con valore disgiuntivo, coordina più elementi della medesima  natura grammaticale all’interno di una proposizione,  o più proposizioni del medesimo tipo di un periodo, esprimendo, a seconda dei casi, un’alternativa (ti scriverò o verrò di persona), una contrapposizione (o bianco o nero), una reciproca esclusione (mandami l’uno o l’altro). Equivale ad “oppure”. Con valore esplicativo la congiunzione “o” indica un’equivalenza tra due o più termini, ad esempio: la semiologia o, ovvero, ossia, vale a dire la scienza dei segni. Mentre l’avverbio “piuttosto” indica: una comparazione di maggioranza tra due alternative e significa, più spesso, preferibilmente, ad esempio, mi servo della bici piuttosto che dell’auto; o meglio, ad esempio, vediamoci in piazza o meglio a casa; alquanto, ad esempio, quel tizio è alquanto antipatico; invece, ad esempio, dimmi invece come la pensi. Bene, o miei cari 25 Lettori, dopo codesta bella rinfrescata grammaticale, ritenete che sia più possibile, tollerabile che si possa, impunemente, sostituire la “o” con “piuttosto”, se non per una shakespeariana, leziosa, untuosa autogiustificazione, recitando: “così parlan tutti, così fan tutti”?

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•          MI accorgo, ora, di aver speso troppo tempo e occupato troppo spazio nella disamina: di un erroraccio semantico, commesso da una sedicente accademica parigina; della omologazione linguistica, che riguarda la dilagante sostituzione da parte degli italiettini della congiunzione disgiuntiva ”o” con l’avverbio “piuttosto” e di aver riservato poco tempo e spazio alla trattazione di Temi di più ampio, severo, tragico Spessore Etico. Vorrà dire che Tratterò un solo Tema, Promettendo ai miei 25 Lettori di Esaminare, Sviluppare  gli altri Temi, di cui MI ero Ripromessa la Discussione, in un prossimo mio Scritto. Per Entrare,”statim in medias res”, una Domanda retorica dal mio punto di vista, non certo retorica per la pletora di mammini e papine, ai quali andrebbe, senza fallo, sottratta la patria potestà da una magistratura più attenta alla capacità di costoro di Formare, di Educare i loro pargoli, che alla lettura secchiona, fiscale del “diritto di famiglia”. La domanda è questa: sono responsabili, e di quanto responsabili, i genitori dei fallimenti dei loro figli, fino a vederli morti per un accidente qualsiasi o, addirittura, per una condanna a morte nei paesi, come gli “states”, ove è in vigore la pena di morte ? Non Fornirò IO la Risposta alla Domanda, ma un condannato a morte negli “states”che, nell’attesa dell’ imminente esecuzione della sua condanna, chiese, come suo ultimo, estremo, disperato desiderio, al secondino, addetto alla sua vigilanza, un foglio di carta e penna, per scrivere una lettera alla madre, che MI Accingo a Trascrivere; che Vale  quale Monito e Insegnamento a Coloro che sono in Grado di Capire, più delle inutili omelie di noiosi pedagogisti e dei loro trattati, nemmeno utili, come carta igienica. Preciso che la lettera è stata Postata su “facebook” dai Signori Nicola Alessandro Scoppio e Domenico Cirasola, che Ringrazio, anche, a Nome dei miei 25 Lettori: ”Mamma, se ci fosse più giustizia in questo mondo saremmo in due oggi a essere condannati e non solo io. Sei colpevole tanto quanto me, anzi sei colpevole anche per la vita che perderò. Ti ricordi quando ho rubato e portato a casa la bicicletta di un ragazzo ? Mi hai aiutato a nasconderla affinché mio padre non la scoprisse e non mi punisse. Ti ricordi quando ho rubato i soldi dal portafoglio del vicino ? Sei stata con me a spenderli, nel centro commerciale. Ricordi quando hai litigato con mio padre e lui  se n’è andato ? Voleva solo correggermi, perché invece di studiare, avevo copiato il compito all’esame…alla fine mi hanno scoperto e anche espulso. Ti sei messa contro mio padre, i maestri e alla fine non ho imparato nulla, oltre che a delinquere… Mamma, io ero solo un bambino che aveva bisogno di correzione e non di approvazione. Ma comunque io ti perdono! Chiedo solo che tu faccia leggere questa lettera al maggior numero di genitori nel mondo, affinché sappiano che hanno la responsabilità di crescere un figlio facendolo diventare un uomo, che potrà agire facendo del bene o del male… Grazie mamma, per avermi dato la vita e per avermi aiutato a perderla. Il tuo figlio delinquente. Volevo inoltre ricordarti che: Chi si rifiuta di punire un figlio, non lo ama. Chi lo ama, non esita a sgridarlo (proverbi 13:24). L‘istruzione è l’arma più potente che puoi usare per cambiare il mondo (Nelson Mandela). Istruzione e rimprovero comincia nei primi anni dell’infanzia e durano fino all’ultimo giorno di vita (Pitagora). Educa i bambini e non sarà necessario punire gli adulti (Pitagora)”. A parte il reato, in  concorso con i propri figli, di appropriazione indebita o di latrocinio, di cui i genitori, ai quali MI Rivolgo, per fortuna, non si sono macchiati, tutte le accuse, che il giovane condannato a morte rivolge alla madre, potrebbero essere rivolte ai genitori italiettini, e non solo italiettini di oggi, per la loro vile incapacità, “nolontà” di Pronunciare, l’ormai, non al passo con i tempi, con le mode, le tendenze,  i “trend” pedagogici: ”NO”. Quanti “NO” avrebbero potuto Pronunciare i genitori di stefano cucchi, di federico aldovrandi (in giro  la notte dell’infame agguato poliziesco contro di lui, forse, anche strafatto di droghe. E aveva, appena, 16 anni!), i genitori di due ragazze di valduggia, una di 23 e l’altra di 21 anni,  che alle 7 di domenica, 23 ottobre 2016, sono passate alla cosiddetta miglior vita a causa del ribaltamento di una polo, dopo una notte trascorsa in discoteca! E i genitori, mentre i figli morivano, muoiono, moriranno, dolcemente, tra le braccia di morfeo! Non furono, non sono, non saranno costoro colpevoli della vita che i figli persero, perdono, perderanno ? Non sono, non furono, non saranno costoro colpevoli di aver privilegiato, di privilegiare, ieri, oggi, domani, l’infame, dequalificato pezzo di carta, all’Istruzione, alla Cultura, la Sola, Possibile Salvezza del Mondo ? Non furono, non sono, non saranno costoro colpevoli, se, in combutta con i loro figli, escogitarono, escogitano, escogiteranno tutti i più delinquenziali machiavelli per estorcere da una scuola fessa, imbecille, in cui operano autentici quaquaraqua, alti voti, promozioni, diplomi che, comunque, sprofondarono, sprofondano, sprofonderanno i loro “bamboccioni” nella più cupa frustrazione, non essendo quegli attestati rubati ”testimonial” di vasta preparazione, di competenze acquisite ? Non furono, non sono, non saranno i genitori colpevoli di aver rotto il Patto di Alleanza con la Scuola, abbandonando i loro figli nelle tenebre di un vuoto educativo e condannandoli al naufragio esistenziale, in quanto i bambini e i giovani hanno bisogno di essere Amati, ma, anche, di essere Corretti, Emendati nei loro atteggiamenti e comportamenti, per evitare di farli intrigare nella morsa di uno “sbirrume” impietoso e di una giustizia implacabile, soprattutto, nei confronti di coloro che nascono da genitori senza eccessiva o niuna voce in una società dominata da caste e oligarchie ? L’eccessiva libertà, senza Responsabilità, può rivelare destini  e tormenti peggiori di una esistenza all’insegna di regole, di “dicktat”, pesantemente, rozzamente, imposti da autorità  autocratiche,  rassegnati, nella consapevolezza che fuori di essa c’è il nulla.

 

Pietro Aretino,già detto Avena Gaetano  


Pubblicato il 26 Ottobre 2016

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