Cultura e Spettacoli

“la fede è un fatto personale”

Dal patriarca caldeo dell’iraq, in un’intervista da lui rilasciata al tg3, oggi, 24 novembre 2013, abbiamo Ascoltato una Verità così ovvia, così lapalissiana a cui, essendo tale, Pochi Pongono Mente, su cui Pochi Riflettono. Cos’ha, dunque, Detto il prelato iracheno? Ha Proclamato che “la fede è un fatto personale”. Ha, egli poi aggiunto, che qualsiasi appartenente a una comunità statale è, prima di tutto, un Cittadino al quale vanno Riconosciuti Diritti, al quale vanno Imposti Obblighi e Doveri, quale che sia la sua fede religiosa. Quindi, egli ha continuato, la pretesa di presunte maggioranze religiose di improntare la vita di una comunità statale ai dettami dei loro “libri sacri”, conculcando la libertà di Agire, di Pensare, di Esprimersi con la Parola, con gli Scritti, con l’Azione Politica non solo delle, altrettanto, presunte minoranze religiose, ma di coloro che non professano alcun credo religioso, è la fonte, è la scaturigine di tutti i delitti, stragi, atti terroristici, guerre che si compiono, attualmente, in diverse parti del mondo, che “etiam” in passato si sono compiuti sul nostro martoriato pianeta. Posizione, quella del patriarca iracheno, assolutamente, rivoluzionaria ché laica, che non tende, spudoratamente, a rendere le masse nella loro credulità religiosa, unidimensionali, ma demanda al libero Lavorio della Coscienza, al “Foro interiore” di ogni uomo la facoltà di riferire la propria vita ad un ”mos”, ad un costume etico, che supporta  il proprio agire, come animale sociale e politico, il proprio relazionarsi agli altri, insito in un “libro”, quale che sia l’immaginario dio ispiratore di esso. Vita di ogni uomo che si dona all’altrui visibilità non con la ripetitività stantia di gesti liturgici, non con la ostentata frequentazione di luoghi, cosiddetti sacri, deputati al recitare fossilizzate giaculatorie, ”sed” riaggomitolando il filo che lo riporta, psicologicamente, uscendo dal limite dell’umano, a Contemplare l’Idea della Perfezione in cui il vero credente pone dio o in cui lo sostanzia. Religione, infatti, dal verbo latino “rèlego” (“raccogliere di nuovo):”ianua difficilis filo est inventa relecto” (la difficile uscita fu ritrovata, riaggomitolando il filo), Dice Ovidio nelle “Metamorfosi”. Tutte le religioni positive parlano di una cacciata dell’uomo da un sito, da una situazione, da un ambiente elisio; l’uomo religioso sente che nella sua mente è riposto  un ricordo, pur sbiadito, della sua primigenia beatitudine, ricordo che, come un cordone ombelicale, giammai tagliato, lo tiene legato a tutto ciò che significa il “lassù” e tutta la sua religiosità sta nel riaggomitolare il filo che lo faccia uscire dalla sua umanità per ritrovare la via della sua nativa divinità di quando era “lassù”. Abbiamo testé denunciato il fiume di sangue che è scorso, che scorre a causa dei conflitti tra bande che s’accaparrano il brevetto di aver forgiato o di essere state forgiate dal vero dio, di essere le vere, autentiche interpreti del verbo contenuto nel “libro”di riferimento; il fiume di sangue che è scorso, che, ad esempio, scorre ché una confessione religiosa all’interno di una comunità statale impone una costituzione atteggiata alla vieta moralità dettata, tra l’altro,  da una fallace esegesi del “libro” sì che viene fondato un regime teocratico duro, inflessibile, forcaiolo che punisce atteggiamenti, comportamenti sessuali trasgressivi, secondo, Ripetiamo, la fallace esegesi del “libro”, con la lapidazione, pena in uso, in vigore all’alba di tutte le civiltà, cosiddette, mentre, grazie alle risorse del sottosuolo, in cui la teocrazia è stata impiantata o incardinata, il progresso tecnologico nella capacità di produrre ordigni nucleari è al livello delle maggiori potenze mondiali. Nessuna confessione religiosa positiva può scagliare la prima pietra in quanto ciascuna di esse responsabile di eccidi, di genocidi nei confronti di adepti ad altra confessione religiosa o ad una fazione minoritaria e, Diremmo, “eretica” rispetto alla fazione, all’ interno di essa, ortodossa. La Verità è che se è  stata, se è un’esigenza psicologica di ogni uomo rivolgere gli occhi al cielo e sentirsi una vela, un’ala, una piuma, un soffio di vento, di brezza per scrutare in esso il Mistero, ancora inestricabile, della Vita, dell’Origine di Essa, dell’Esistenza o meno del Primo Fattore o Motore Immobile di Essa, è anche vero che in ogni tempo e in ogni spazio sul pianeta gruppi di uomini o classi sociali, economicamente, militarmente, egemoni, avendo scoperto che sarebbe stato, sarebbe più facile arraffare il consenso delle masse, sottometterle ai loro voleri , ai loro progetti, alla loro politica delittuosa con la parola del prete che con le armi e con la violenza dei loro scherani, hanno fatto discendere la necessità del potere, affidato “pro tempore” ad un uomo, ad una dinastia, ad una casta, ad una classe, ad un sinedrio di chierici tonsurati, dalla volontà di un dio. Per cui una qualsiasi loro decisione, scelta,”senatus consultum”, una qualsiasi pena, minaccia, avvertimento, proposta premiale di fedeltà e di sudditanza, veniva, viene giustificata, motivata con la classica formula: ”In nome del popolo ecc., ecc. e di noi, pingo pallino, per volontà di dio, re, imperatore, presidente, capo spirituale, santo padre, patriarca, ecc., ecc., è giunta l’ora delle decisioni irrevocabili: i nostri ambasciatori hanno portato le dichiarazioni di guerra ai governi ecc., ecc.,” e le masse sotto il consueto balcone inneggianti alla volontà di dio, “rettamente”, manifestata dal pagliaccio grugnante dal balcone o dalla finestra. Nell’antica roma la volontà di dio veniva scrutata dagli aruspici, organici alla classe senatoriale dei “patres conscripti” e degli “homines novi”, una sorta di famelica nuova classe di gabellieri, di mercanti, di usurai, di appaltatori di opere pubbliche, attraverso l’esame delle viscere degli animali e del volo degli uccelli. Cicerone, “homo novus”, irrideva tale pratica fraudolenta, nonostante egli stesso fosse, tra l’altro, oltre che senatore, console, implacabile fustigatore con condanne capitali dei congiurati sodali di catilina, un aruspice! Da sempre in roma i “pontifices maximi” erano appartenenti alle “gentes”, alle famiglie nobili che affollavano il senato; giulio cesare, della potentissima in roma antica famiglia patrizia “giulia”, faceva risalire le origini della sua stirpe a iulo figlio di enea, figlio, a sua volta, di anchise e della dea afrodite/venere; augusto poi non si fece mancare nulla: si autoproclamò “imperator e divus” e pretese la “proskinesis”, cioè la genuflessione, come alessandro il macedone, molti secoli prima, dopo essere stato in egitto e aver imparato dalla storia dei faraoni egizi le tecniche di plagio delle masse per mezzo delle quali un generale vittorioso, qual egli era, poteva essere considerato un dio e, perché tale, venerato dai suoi sudditi. Abbiamo testé accennato al “Senatus consultum de Bacchanalibus” del 186 a.c., di cui ci parla livio, storico romano ad uso e consumo dei “laudatores temporis acti” nella sua opera “Ab urbe condita”. Ebbene, cos’era il movimento dei Baccanti ? Cosa si prefiggeva? Innanzitutto, era un movimento radicato, diffuso su tutto lo stivale, anche nelle zone più interne, impervie, difficilmente raggiungibili, di esso. Tant’è vero che una copia del “Senatus consultum” fu trovata nell’impenetrabile ”Brutium”, tuttavia, non per la diffusione dell’Ideologia dei Baccanti e, di converso, non per la “reprimenda” capitale prevista dal documento senatoriale romano. Il movimento dei Baccanti era religioso e, in modo rivoluzionario, anche politico, sì che le classi egemoni sentirono, fortemente, l’esigenza di stroncarlo in modo capillare, ché, capillarmente, come testé Dicevamo, s’era diffuso tra le classi popolari, tra gli ultimi  nelle zone italiche sotto la tirannica influenza di roma. Ebbene, i Baccanti Si Professavano, autenticamente, Religiosi, ma Asserivano di non aver bisogno, per avere un Contatto diretto, spontaneo con dio o con la divinità,  della mediazione di “figure professionali”, diremmo oggi, che si facessero da intermediarie tra i credenti e dio o la divinità. Come i Baccanti  Progettavano di Realizzare il Raggiungimento di dio? Attraverso Riti Orgiastici che diedero la stura a parrucconi, come livio, di farsi portavoce della reazione scandalizzata dell’”enstablishment” senatoriale romano che,  della serie ”da quale pulpito viene la predica”, quando si trattava di sterminare avversari tirava in ballo la pubblica moralità, offesa da presunti depravati, così come aveva fatto, per bocca di sallustio, con i congiurati, amici di catilina. Perché il movimento dei Baccanti fu politico?  Ché esso Tendeva o Intendeva togliere alla classe senatoriale che in roma, collegialmente, reggeva il potere, la gestione ”pro domo sua” dell’esigenza psicologica dei Subalterni di RivolgerSi, quando tutto mancava, a un dio, a una divinità in cerca di consolatrice protezione. Avrebbero i Baccanti stessi, in preda e nel corso dell’esaltazione orgiastica, anche incentivata da danze forsennate, Interrogato  dio o la divinità  su cosa fosse meglio fare per il loro Destino e per le fortune di roma. Cioè gli ultimi, tutti gli ultimi entro i confini della repubblica romana che aveva, già nel secondo secolo a. c., esteso le sue metastasi tanto a sud di essa, Tentavano di LiberarSi dalla tutela dei detentori del potere che con ricatti, minacce e blandizie li costringevano al loro volere, surrettiziamente, fatto passare per il volere degli abitatori del cielo. I Baccanti furono sterminati, ovunque si temesse ci fossero focolai di rivolta servile o schiavistica la cui epifania erano i Riti, sessualmente, sfrenati, scatenati in onore di Dioniso, e la storia di roma s’incanalò nell’alveo della violenza sfruttatrice dei popoli sottomessi in cui fluente fu lo scorrere nei secoli di un fiume di sangue. Perché i primi cristiani, al loro apparire e spargersi per l’impero romano, furono dagli imperatori, brutalmente, perseguitati ? Non perché introducevano in roma e nei politici dintorni, pur, geograficamente,  lontani, nuovi dei. Le classi al potere in roma furono le antesignane del sincretismo religioso e filosofico, che era la mescolanza di dottrine religiose e filosofiche di origine diversa in un nuovo sistema religioso e filosofico o era la fusione di diverse divinità in una nuova che ne riassumeva i diversi attributi. Sincretismo è una parola composta da “syn” e  “krète” con riferimento agli abitanti dell’antica creta che, ostili tra loro, si coalizzavano contro il pericolo comune. Qual era il pericolo comune delle religioni ? Il diffondersi dell’agnosticismo religioso tra le masse o l’ateismo che sottraevano ad esse l’ importante funzione di permettere  al potere di farsi mediatore tra le masse e gli dei, usando gli dei come grimaldello per aprire  le menti e i cuori degli ultimi alla paura di pene ed eterne sofferenze. Per Parafrasare Lucrezio del “De rerum natura”: ”Tam potuerunt, tam possunt religiones et templa”! Quindi, o collaborazione tra dio e l’imperatore o l’imperatore dio stesso, a cui si doveva la totale devota sottomissione. Invece, gesù dichiarava, con la forza del precorritore, la Dantesca Teoria dei due Soli che in Dante erano il papa e l’imperatore, due poteri distinti ma uguali anche nella loro terrestrità, nel messia dio era il creatore di tutto, in una posizione di supremazia rispetto all’imperatore, al quale i credenti dovevano qualcosa di diverso da ciò che all’imperatore dovevano. Insomma, “Dare a Dio ciò che è di Dio, a cesare ciò che è di cesare”. E a cesare i cristiani non dovevano venerazione, né adorazione, né genuflessione, sebbene l’obbedienza che le leggi contemplavano. Per questo venivano dati alle bestie feroci. Ma i primi cristiani erano latori di un motivo di maggior preoccupazione per gli imperatori:  l’uguaglianza di tutti gli uomini, sia pure davanti a dio, che gli ultimi, gli schiavi riscattava e ridava loro, sia pure, davanti a dio, quella dignità che gli uomini non riconoscevano loro. Gli schiavi erano la cassaforte di tutto il sistema economico di roma, tanto è vero che quando augusto indisse la “pax augustea” all’interno e all’esterno del sistema di dominio romano, non affluendo più in caterva gli schiavi a dar man forte, lavorando senza mercede alcuna, al circuito produttivo romano,  l’economia di roma incominciò a dar segni di squilibrio fino al collasso, pur dopo secoli. Con costantino la religione cristiana diventò, oltre che di stato, cattolica, cioè con la presunzione di dover essere universale, sì che incominciarono ad essere perseguitati nell’impero i fedeli di altre religioni, compreso l’antico paganesimo, e quando, per fare un salto di molti secoli, si scoprì il nuovo mondo e si ebbero tra il mondo occidentale e i paesi dell’est asiatico più stretti rapporti politici, culturali, commerciali, la croce di cristo, sempre, precedeva i fucili o le armi  dei colonialisti. E il sacerdozio universale di lutero, cos’era se non la capacità, che il monaco tedesco riteneva nella disponibilità di ogni credente, di leggere i sacri testi e di interpretarli, senza la mediazione del clero ? Ancora una volta il clero, questa volta cattolico, veniva estromesso dal rapporto individuale del credente con dio e, quindi, saltava il  mercato fiorente delle indulgenze, per cui non erano più i “funzionari” della chiesa cattolica a perorare a dio, in cambio di consistenti dazioni di denaro, la salvezza dei creduloni, ma erano i credenti a implorare a dio la eterna beatitudine nella sua luce. E le crociate, cosa furono se non l’abbraccio del papato medioevale con le monarchie del tempo che portò alla organizzazione di imprese militari, combattute dai popoli cattolici d’europa contro i mussulmani col programma ufficiale della riconquista del santo sepolcro di gerusalemme, e con l’intento, pur non dichiarato, esplicitamente, di forzare il blocco dei porti e degli empori e di depredare in quelle terre mediorientali tutto ciò che fosse possibile depredare ? E, per venire a noi, alla prosaicità del nostro essere miserabile condominialità statale: se “la fede è un fatto personale”, come Assevera il presule caldeo iracheno, ché nell’italietta si mischia il sacro col civico profano, tanto per profferire in volgare, sì che, ad ogni piè sospinto, le attività degli italiettini, private e pubbliche, si fermano in occasione della nascita, della morte, della resurrezione del bambinello ? I cattolici possono memorare tali presunti eventi storici nei loro templi o nella interiorità della loro coscienza, senza pretendere che coloro che non hanno la medesima loro fede o non hanno alcuna fede siano impossibilitati in quei giorni ad  essere, completamente, integralmente, Cittadini, titolari di Diritti e di Doveri ? Se la “fede è un fatto personale” ché il cattolicesimo “de facto”, pur non più “de jure”, è la religione di stato; ché nella scuola italettina bivaccano nullafacenti cattolici dallo stato pagati, che per Costituzione dovrebbe essere non confessionale ?; ché la rai, alla quale tutti gli italiani pagano un cospicuo balzello, somministra a molti di essi, atei  o non di fede cattolica, una frotta di ore di propaganda e di cattolica liturgia ? A queste domande il bergoglio dovrebbe dare Risposte, razionalmente, laicamente, nuove: l’ipertrofia di telefonate, di lettere agli sconosciuti, i baci ai malati, fanno parte del cattolico guardaroba filantropico, vecchio di secoli, come incontrarsi, molto cordialmente, con un cinico autocrate, oligarca, come putin, alla stessa stregua del suo predecessore che, molto cordialmente, s’incontrò con il macellaio, criminale pinochet. La fede che ripulisce il male! Tanto per mareggiare sulle indistinte onde del generale!

Pietro Aretino, già detto Avena Gaetano

pietroaretino38@alice.it               

 


Pubblicato il 27 Novembre 2013

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