Cultura e Spettacoli

La luce del pudore

Non è facile portare in teatro un film. E più difficile torna adoperarsi perché la memoria della pellicola non interferisca con la fruizione della messinscena. Se poi le regie recano la stessa firma, si sfiora l’impresa. Fernan Ozpetek osa con ‘Mine vaganti’ e centra il bersaglio. Successo confermato anche al Piccinni dove questa produzione Nuovo Teatro /Teatro della Toscana è stata in cartellone per la Stagione Teatrale di Bari nell’ultimo fine settimana. Il regista turco rimodula così efficacemente le cose che qui parlare di ‘versione teatrale’ sarebbe inappropriato. Il ‘Mine vaganti’ apprezzato la settimana scorsa è allestimento che s’impone per l’eleganza e l’autorevolezza con cui prescinde dal personale ‘modello’ cinematografico. Atteso al varco, Ozpetek non cade in trappola. E comincia col frangere la narrazione in ‘tempi’ ad ognuno dei quali assegna  un distinto ‘sito’ collocato ora in palcoscenico, ora in proscenio, ora lungo i corridoi della platea, dove parecchio si interagisce col pubblico. Tali ‘luoghi’ ricostruiti senza far uso di oggetti, salvo qualche seduta, si aprono e si chiudono allo scorrere di candidi velari, vasti come vele. Velari che possono accendere sia l’idea di pagine di copione sfogliate, sia quella di sudari prima stesi sul tema dell’omosessualità e poi strappati, riadagiati… Perché il tema dell’amore ‘fuori tradizione’ è centrale in ‘Mine vaganti’ ed è di quelli che scottano. Non scotterebbe tanto se la storia si ambientasse a Bolzano. Invece siamo in Puglia che, per quanto ritratta in mezzo a molti luoghi comuni, qui assurge a vessillo di un Mezzogiorno dal pensiero aperto solo in superficie, pur nell’era globale. Gratta gratta, alla prima occasione quel pensiero si rivela  arcaico, retrivo. E il candore dei veli, irradiato da un potente disegno luci, sottolinea la falsità da spot di un Mezzogiorno che nasconde il retrogusto del buio (tacere la ‘vergogna’ diventa imperativo categorico nella contraddittoria famiglia di Tommaso, il giovane protagonista). Una messinscena d’altri tempi: Undici attori in scena, niente cani, niente stravaganze, azione fluida, ritmi costanti scene, luci e costumi comme-il-faut e divertimento assicurato. A Ozpetek non si poteva chiedere di più. – Prossimo appuntamento di stagione, giovedì 6 febbraio (si replica sino a domenica 9 febbraio) con ‘Perfetta’, un monologo scritto da Mattia Torre, diretto dallo stesso autore e interpretato da Geppi Cucciari. ‘Perfetta’ è l’ultimo testo di Mattia Torre, uno dei drammaturghi più influenti e attivi della scena televisiva e teatrale italiana prematuramente scomparso il 19 luglio dello scorso anno a soli quarantasette anni.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 4 Febbraio 2020

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio