Cultura e Spettacoli

L’acqua ‘feconda’ di Plinio

Per tradizione millenaria il concetto di santuario è connaturato a quello di enfasi architettonica. Ciò rende arduo comprendere il senso devozionale nelle civiltà antiche, specie quelle legate al culto della pietra. E’ questo il caso, ad esempio, delle genti della Japigia. Al fasto dei templi i nostri progenitori preferivano la cruda monumentalità di menhir e dolmen, quando non si contentavano del naturale stato delle cose : un affioramento roccioso o un fessura da cui sgorgasse acqua. In particolar modo le fonti suggerivano l’idea del sacro. Un sentimento celebrato con  discrezione e sobrietà. Esemplare il caso del Fonte Pliniano, a Manduria. Nel comune tarantino, a sud del convento di Sant’Antonio, all’interno dell’area archeologica in cui si levano i resti della millenaria, ciclopica cinta muraria, si apre un ipogeo. La cavità, di forma pressoché sferica (diciotto metri di diametro per otto di altezza) è pressoché intatta. Sulla natura la mano dell’uomo è intervenuta con leggerezza rispettosa scavando una rampa di venti gradini e aprendo un lucernaio quadrato alla sommità della semicupola. Attraverso il lucernaio – la cui funzione in origine era quella di favorire la calata dei secchi nella polla – piove all’interno una luce tenue che ricrea l’animo e che senza sforzo sollecita una religiosa consegna del silenzio. Al centro del vasto ambiente si apre una vasca avvolta da un muretto rotondo. Al suo interno, alimentata da una sorgente sotterranea, acqua limpidissima si mantiene a livello costante da millenni. La meraviglia di Manduria è nota al mondo già dal primo secolo dopo Cristo, cioè dalla prima citazione storica, avvenuta ad opera di Plinio il Vecchio nel Libro II della Naturalis Historia : “In Sallentino, iuxta oppidum Manduriam, lacus, ad marginem plenus, neque exaustis aquis minuitur, neque infusis augetur” (nel Salento, vicino alla città di Manduria, un lago, pieno fino ai bordi, attingendo le acque non diminuisce e neanche è accresciuto da quelle immesse). Qualcuno mette in dubbio che Plinio possa aver visto coi propri occhi questa fonte. Ma quand’anche il grande scienziato latino ne avesse fatto menzione sulla base del passo di un autore rimasto ignoto, ciò muterebbe la sostanza delle cose? La magia resta. E intatto resta pure lo stupore arcaico innescato da tale magia. Stupore che nel dire limpido e razionale, ma non per questo algido di Plinio trova felice sintesi nel giro di appena sedici parole. Non sapremo mai quali riti si celebrassero laggiù in epoca preromana. Non è tuttavia azzardato immaginare riti ancestrali legati alla fecondità.

 

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 20 Giugno 2020

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