Cultura e Spettacoli

L’irresistibile vento delle parole

Oltre che drammaturgo, autore di racconti e critico letterario, il nostro Enrico Bagnato è navigato poeta. Il suo esordio risale al 1972 con ‘Una stagione’ (Todariana Editrice, Milano). Da allora non si è più fermato. Avrà scritto forse una trentina di sillogi. La più fresca di stampa, edita da Tabula Fati il mese scorso, s’intitola : ‘Il vento delle parole’. Una pubblicazione apprezzabile per varietà e limpidezza. Malgrado il carico delle primavere cominci a farsi importante sulle sue spalle, si allarga il raggio dell’attenzione del Nostro, che senza chiudersi in sé stesso, al contrario sembra aprirsi all’esterno. Nonostante un poco si lasci intrappolare dal ricordo e s’incagli in tormentosi interrogativi (e allora la poesia svapora, sostituita da una meditabonda prosa in versi), lo scorrere dei giorni non riesce a distrarre il Nostro dallo spettacolo del bello che l’avvolge. Spettacolo di cui l’amore è protagonista incontrastato : “Rosseggia tra le tue mani una mela / che sbucci col coltello. / Tra le tue mani il cuore / così la tua lama mi scorteccia”. In un’altra lirica il tirannico tema seduttivo assume cadenze metaforiche nei panni di una luna tonda e grossa come quelle ruvide odalische di Cantatore che s’avvolge di veli per nascondere la sua (in fondo, gradita) pinguedine, espediente però “che né in cielo né in terra / sfugge alla gente”. Ma pure una qualunque gru che “svetta dal cantiere”, le “movenze leggiadre di una fanciulla” nell’abito della prima comunione, il dinamismo di un Corriere Express, un “giovane sorridente Mercurio” che fatta la sua consegna “saluta con un sorriso / e vola via con un frenetico vibrare di ali alle caviglie” oppure la percezione del tempo andato percorrendo le vie della città “con la tristezza che dà la nostalgia” possono tradursi in occasioni per celebrare il culto del bello, da cui una potente trasfusione di energia salvifica. Energia di contrasto al “delirante naufragio d’ogni istante”, allo “spettrale” fischio del treno nel silenzio di una stazione in disuso, alla malinconia di Venezia “sotto la gioia del sole”…. Non è facile opporre un argine al Tempo che preme addosso e “annienta in delirante naufragio d’ogni istante”. Eppure l’antidoto c’è : “Quando mi levo al mattino / non indosso alcuna filosofia / fisso negli occhi il sole / e attendo il mio destino”. Ma per metterlo in pratica bisogna che ognuno diventi “l’esorcista di sé stesso”, soltanto così può trasformare in angeli i proprio demoni. In altri termini, bisogna essere poeti, bisogna liberare “il vento delle parole”, quel vento che erompe dalle vette del cuore e dai recessi della mente e che infine, precipitando a valle “squassa i rami dell’essere”. – Nell’illustrazione , ‘Campo di grano con volo di corvi, olio su tela di Vincent Van Gogh, 1890 (collocazione : Van Gogh Museum, Amsterdam).

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 2 Giugno 2016

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