Cultura e Spettacoli

Naturale e sovrannaturale si fondono in una questione del tutto umana

Teatro Petruzzelli. L’angelo di fuoco di Prokof’ev

“Nell’Angelo di fuoco, siamo in uno stato mentale, in una collocazione a tratti spirituale senza luogo né tempo, in uno spazio che somiglia a una cripta.” Così la regista Emma Dante descrive la sua interpretazione di un’opera pregna di lirismo filosofico.Una storia allucinata e allucinante, che si sviluppa forsennatamente attorno alla figura di una donna posseduta da un angelo che è l’altra faccia del diavolo. In programma da oggi al 23 aprile al Teatro Petruzzelli, l’epopea di Sergej Prokof’ev, tratta dall’omonimo romanzo storico di Valerij Jakovlevič Brjusov del 1908. Condurrà l’Orchestra e il Coro del Teatro Petruzzelli il maestro Jordi Bernàcer. Che si tratti di musica, arte o letteratura, nella Russia tra ‘800 e ‘900 spesso ci si imbatte in diavoli, demoni e trasposizioni inquietanti, che si insinuano nello stereotipo comune e prefissato del reale, scombinando le coscienze. Basterebbe pensare a Dostoevskij per far affiorare dalle pagine il diavolo che devasta la mente di Ivan Karamazov, per esempio, oppure al Diavolo nella leggenda del Grande Inquisitore. Tra sensibilità cristiana e antichità pagane ed epiche, il demoniaco è topos irrinunciabile dell’arte russa del tempo. Stessa cosa per quanto riguarda la musica. Skrjabin e Mussorgskij, soltanto per fare due nomi, hanno regalato alla storia della musica pagine intrise di questo spirito. Per dirla alla Freud, probabilmente ci si trovava in un periodo storico in cui l’unico modo per prendere coscienza delle istanze contraddittorie del subconscio, di cui ancora si conosceva troppo poco, era proprio dare sfogo a proiezioni fantastiche di ciò che si agita nella mente umana. Nell’Angelo di fuoco op.37 di Prokof’ev naturale e soprannaturale si fondono in un’unica matrice policromatica, dove i personaggi devono dar conto di presenze la cui azione è per essi incontrollabile e che, soprattutto, li mette in gioco sul piano morale ed esistenziale, ponendoli ad un aut-aut irriducibile nella scelta tra perdizione e redenzione salvifica, sancendo così la fondamentale sfumatura dell’opera, che è stata per lungo tempo definita ‘ etica’. Anche se nella personale visione di Emma Dante, più che etico questo dramma sembra essere passionale e del tutto legato all’irrazionalità e imprevedibilità umana: “Nonostante quest’opera sia molto cerebrale, mi interessa la carnalità, il desiderio femminile nei confronti degli uomini e del diavolo, e tutto il trasporto blasfemo per il male. L’archetipo dell’Angelo è, da un lato, la forza del male e dall’altro, quella del bene. Entrambe le forze sussistono. Malgrado le spinte della carne, Renata è manipolata dal divino e dal maligno in eguale misura. Per questo, ho l’impressione che Prokof’ev abbia creato un dramma passionale più che etico.” La composizione e la messa in opera dell’Angelo hanno avuto una vicenda quasi altrettanto travagliata: critica, teatri e rispettivi direttori da convincere alla messa in scena, ostacolarono il successo dell’opera in maniera quasi ‘diabolica’, giusto per restare in tema. L’Angelo trovò parziale conclusione nel 1923 durante un soggiorno ad Ettal, nelle Alpi bavaresi, e definitiva stesura nel 1927, quando fu offerta a Bruno Walter, interessatosi all’opera, in vista di una possibile esecuzione a Berlino. Già nel corso degli anni precedenti Prokofiev lavorò instancabilmente alla sua orchestrazione, ma almeno dal punto di vista pratico, il lavoro risultò inutile, perché la messa in scena non si tenne mai né a Berlino, né altrove se non a Parigi, ma in forma di concerto e limitata al secondo atto, nel 1928. Forse a causa di questi tentativi frustranti Prokof’ev ritenne opportuno rivedere gli ottimi materiali musicali destinati all’Angelo, rielaborandone i temi nella composizione della Terza Sinfonia op.44, sempre del 1928. Fu solo nel 1952 che l’opera venne riscoperta, ma fu troppo tardi, poiché si arrivò a rappresentarla solo nel 1954 ancora in forma di concerto e finalmente al Teatro La Fenice di Venezia nel 1955 con completa messa in scena. Dopo la morte dell’autore. L’Angelo travalicò quindi il confine della vita di Prokofiev, consegnando infine all’opera il successo che Prokofiev aveva cercato in vita.

 

Rossella Cea


Pubblicato il 17 Aprile 2024

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