Cultura e Spettacoli

Non si scherza con Frankenstein

La storia della letteratura considera il caso di capolavori snobbati e di opere di portata inferiore tuttavia baciate dalla sorte e per tale motivo passate alla storia. Rientra nella seconda categoria il Frankenstein di Mary Shelley. A spianare la strada a questo romanzo, edito nel 1818, fu la concomitanza con l’avvento dell’era industriale. Nel mostro creato dal dottor Victor Frankenstein si volle vedere il potere inquietante del progresso scientifico, cui l’invenzione del motore a scoppio aveva dato impulso irresistibile. Di qui l’ingresso di Frankenstein tra i miti della letteratura e il consolidamento di tale successo quando, un secolo dopo, arrivò il momento del cinema. La prima pellicola a raccontare il mito di Frankenstein fu un cortometraggio muto del 1910 firmato da Searle Dawley. Dopo, fu un florilegio di pellicole, oltre cento. A tale numero invece non arrivano neanche lontanamente le trasposizioni teatrali. Il divario trova spiegazione tecnica nella difficoltà a rappresentare nel perimetro di qualche decina di metri quadri una vicenda complessa e che si snoda lungo un arco geografico e temporale particolarmente vasto. A meno di pesanti adattamenti, e comunque accettando una sfida. A raccogliere tanto guanto, è l’Anonima GR col suo ultimo allestimento. Questo attesissimo ‘Frankenstein’ resterà in cartellone al Forma sino a domenica 20 gennaio. Nell’adattamento di Dante Marmone (che firma anche la regia) e Nicola Saponaro, tutto ha luogo nella casa del dottor Victor Frankenstein, figura strampalata intorno a cui si muove un microcosmo di popolani fessacchiotti (Tiziana Schiavarelli, Toni Vavalle, Gianni Vezzoso, Azzurra Martino e Mauro Milano, quest’ultimo efficacemente nei panni del celebre mostro). Contrariamente alle attese, Marmone non egemonizza la scena, pur nel ruolo del personaggio principale (Victor Frankenstein). E lo spazio riservato alla Schiavarelli non supera quello riservato alle altre figure. Un clima di ‘democratica’ coralità, dunque, avvolge questa messinscena in cui, come nelle previsioni, la dimensione epica del soggetto involve in ragione di burletta. Il nostrano Frankenstein ha nulla della grandezza del titano ribelle il quale nella rielaborazione delle leggenda operata da Ovidio in ‘’Metamorfosi’ si sostituisce al padre degli Dei plasmando l’Uomo con la creta. Il dr. Frankenstein disegnato da Marmone si manifesta invece per un chirurgo maldestro e pasticcione il quale per sopramercato deve ricorrere a micro astuzie e bugie solenni se vuole venir fuori dai guai in cui lo cacciano le sue pretese di uomo di scienza. In scena non ci si risparmia, a fronte però di esiti inferiori alle energie profuse, complice una drammaturgia claudicante.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 4 Gennaio 2019

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