Cronaca

Oggi Chiara avrebbe avuto quindici anni

Da undici anni il presente giorno non è più considerato fausto in Puglia. Il 6 agosto 2005 un ATR 72 della Tuninter partito da Bari e diretto a Gerba (Tunisia) era costretto all’ammaraggio a una ventina di miglia nautiche da Capo Gallo, vicino Palermo. Nell’impatto l’aereo si spezzò in tre parti, ma le due sezioni più grandi collegate alle ali restarono a galla funzionando da zattere per i ventitre sopravvissuti. Sedici invece le vittime, quattordici delle quali pugliesi (la più giovane, la povera Chiara Acquaro, aveva quattro anni ; oggi ne avrebbe avuti quindici). Una strage evitabilissima, persino in fase di atterraggio di emergenza. All’aeroporto di Tunisi, prima della partenza per Bari, i tecnici della compagnia Tuninter avevano installato sul cruscotto un indicatore del carburante nuovo di zecca. Quello vecchio si era guastato. Al suo posto fu montato un display elettronico adatto a un Atr 42, perciò tarato in modo diverso rispetto a quello progettato per il modello 72. Così, più tardi, il volo per Djerba carico di turisti italiani decollò dalla Puglia con un falso rabbocco di 250 chili di kerosene ; in realtà i serbatoi erano semivuoti. Quando il motore sinistro si fermò, seguito da quello destro per mancanza di carburante, l’indicatore segnava ancora una riserva di 3000 chili. Venendo alla fase d’emergenza, dopo lo spegnimento del primo motore, il comandante chiese alla torre di controllo di scendere di altitudine. Una manovra errata. Bisognava invece mantenersi in alto il più a lungo possibile e non imporre una perdita eccessiva di quota non recuperabile. L’errore si fece imperdonabile quando, pochi minuti dopo, si spense anche l’altro motore. E infine, in violazione alle procedure previste in caso d’emergenza, l’ATR planò ad una velocità troppo sostenuta (233 km orari contro i circa 100 richiesti in questi casi), col vento in coda invece che a prua e con un assetto di volo errato rispetto al moto ondoso… Nel 2008 si aprì il processo a carico dei responsabili, accusati a vario titolo di disastro colposo, omicidio plurimo colposo e lesioni colpose gravissime. La sentenza emessa l’anno dopo condannò a dieci anni i due piloti (incredibilmente sfuggiti a quella mattanza), a nove anni il direttore generale e il direttore tecnico della Tuninter e a otto anni tre tecnici della compagnia (il responsabile del reparto di manutenzione, il responsabile della squadra di manutenzione e un meccanico). In appello tutte le pene furono ridotte e, nell’aprile 2013, confermate dalla Cassazione ; la pena più pesante è stata quella inflitta al pilota : sei anni e 8 mesi.

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 6 Agosto 2016

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