Pane e quotidiano con Franco Fortini
Pochi grammi di poesia al giorno per stare a contatto con l’universo poetico che vibra intorno a noi.
Come la maggior parte dei poeti italiani a lui contemporanei, Franco Fortini esprime una profonda crisi dell’intellettuale di fronte alla Storia, e la conseguente negazione di qualsiasi funzione della poesia, ad eccezione della presa di coscienza e della testimonianza. La poesia resta quindi relegata ad un ruolo privato e marginale. Fortini è piuttosto interessato a mettere in evidenza il ‘qui ed ora’, ad esaltare i messaggi che la Natura formula. Non manca, comunque, qualche riferimento ad episodi e personaggi del passato. Secondo Velio Abati, autore che gli ha dedicato il volume “Franco Fortini – Un dialogo ininterrotto. Interviste 1952-1994”, questo intellettuale ha scelto una linea di coralità nella sua poesia, come possiamo apprezzare ne “La gioia avvenire”.
La gioia avvenire
Potrebbe essere un fiume grandissimo
Una cavalcata di scalpiti un tumulto un furore
Una rabbia strappata uno stelo sbranato
Un urlo altissimo
Ma anche una minuscola erba per i ritorni
Il crollo d’una pigna bruciata nella fiamma
Una mano che sfiora al passaggio
O l’indecisione fissando senza vedere
Qualcosa comunque che non possiamo perdere
Anche se ogni altra cosa è perduta
E che perpetuamente celebreremo
Perché ogni cosa nasce da quella soltanto
Ma prima di giungervi
Prima la miseria profonda come la lebbra
E le maledizioni imbrogliate e la vera morte
Tu che credi dimenticare vanitoso
O mascherato di rivoluzione
La scuola della gioia è piena di pianto e sangue
Ma anche di eternità
E dalle bocche sparite dei santi
Come le siepi del marzo brillano le verità.
(da “Foglio di via”, 1946, 1967)
Rubrica a cura di Maria Pia Latorre ed Ezia Di Monte
Pubblicato il 22 Settembre 2022