Cultura e Spettacoli

Per amore di Elvina

Morto prematuramente nel 1921, il nostro Umberto Bozzini (era nato a Lucera nel 1876) non visse abbastanza per vedere riconosciuti i suoi meriti artistici. Poeta e drammaturgo, Bozzini toccò l’apice della notorietà con la tragedia ‘Fedra’. Il resto della sua produzione, ‘Manfredi’, ‘Il cuore di Rosaura’, ‘Ritmo Antico’ e ‘Georgica’, confermano la sua inclinazione verso il tema storico mitologico. Nello stesso filone si inserisce ‘La vittoria d’Amore’, una sceneggiatura in 18 quadri che non divenne film per l’imminenza della Grande Guerra (il testo è databile al 1914, ritiene Francesco De Martino in ‘Puglia mitica’, Levante 2012). Ambientata in un ideale alto medioevo, la storia comincia col ritorno del cavaliere Osrico al suo castello dopo una “avventurosa assenza” (è reduce da una crociata?). Durante i festeggiamenti per il ritorno, un altro cavaliere, il barone Torindo, confessa il suo amore a Elvina, moglie di Osrico. Respinto, Torindo  fugge nel bosco per togliersi la vita ma Elvina escogita col marito questo piano : Comparirà a Torindo promettendogli il suo amore, purché l’innamoratissimo cavaliere le rechi dal “lontano Oriente” un rametto tolto da un albero “dai rami d’oro e dalla frutta di gemme” che cresce “nel più secreto recinto” di un castello incantato che “torreggia” nel lontano Oriente, “così tra i viaggi, le avventure e l’assenza egli si scorderà d’Elvina”. Parte Torindo. Con l’aiuto di uno scudo fatato donatogli da un eremita incontrato lungo la strada, il cavaliere supera tutte le prove necessarie (il nano bugiardo, le finte fate, Medusa) e si presenta a riscuotere il suo premio. A questo punto Elvina decide di darsi la morte insieme al marito dopo avere tenuto fede alla sua parola ; sicché i coniugi si fanno consegnare da un vecchio alchimista un veleno che agisce in cinque ore. Ingerito il veleno, Elvina corre da Torindo a concedersi : “S’avvalga egli subito del suo diritto, perché essa non ha che qualche ora di vita”. Dinanzi allo sgomento del cavaliere la donna, tra le lacrime, gli rivela tutto. Straziato dal dolore, Torindo bacia Elvina  e la lascia andare. Torna Elvina da Osrico al quale ha il tempo di testimoniare la generosità di Torindo prima che il veleno faccia il suo effetto. I coniugi, abbracciati, cadono al suolo mentre intorno ad essi si affollano smarriti e piangenti i familiari. Ma ecco Torindo : dallo stesso alchimista ha appreso che il presunto veleno altro non è che un potente sonnifero ; può dunquea annunciare a tutti la buona novella. Al loro risveglio, Torindo augura ai coniugi vita lunga e costante amore. Con l’immagine del piccolo Dio Amore che da una porta lasciata semiaperta “occhieggia e ride” si chiude la sceneggiatura. Che tipo di film aveva in testa Bozzini? Tra il 1910 e il 1914 il cinema (muto) italiano aveva avuto successo mondiale con kolossal storici ; si pensi a ‘Gli ultimi giorni di Pompei’ (1913, Mario Caserini), ‘Marc’Antonio e Cleopatra’ 1913, Enrico Guazzoni) e, soprattutto, ‘Cabiria’ (1914, Giovanni Pastore). Ma a guerra finita il cinema italiano attraversò un fortissimo periodo di crisi a causa del  proliferare di piccole case di produzione che, in assenza di un ‘sistema’ organizzatio,  fallivano dopo poche produzioni. Forse questo trattenne Bozzini dal proporre il suo soggetto. Ma se il Nostro avesse avuto vita lunga? Ci pare di poter escludere che con l’avvento del sonoro e di Cinecittà un ‘La vittoria d’Amore’ avrebbe avuto mercato, imponendosi in quegli anni altro tema, quello squisitamente storico, evasivo (i ‘telefoni bianchi’) o propagandistico. Semplicemente, Bozzini giunse tardi all’appuntamento con la storia. Presentato con dieci anni di anticipo, ‘La vittoria d’Amore’ avrebbe incontrato non poca attenzione. Chissà, quella pellicola, ambientata in Puglia sfruttando Castel del Monte e altri suggestivi scorci e interpretata dai mostri sacri del momento come Emilio Ghione, Mario Bonard, Lydia Morelli, Francesca Bertini…

Italo Interesse

 

 

 


Pubblicato il 31 Agosto 2013

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