Cultura e Spettacoli

Prendere a pugni l’ombra

Con l’eccezione della scultura, rimane assai contenuto lo spazio che l’arte riserva allo sport. Il cinema ha ritratto qualche campione, ma la danza, la poesia, la pittura, la musica…? E non parliamo di arte scenica. C’è però una prima volta per ogni cosa. Chi mai avrebbe immaginato il mondo della box riproposto a teatro? Teatro Rossini di Gioia del Colle gremito in occasione della prima di ‘Il mio inv(f)erno… vita da zinfaro’, uno spettacolo di Maurizio Vacca pensato per ricordare gli aspetti ‘minori’ dell’Olocausto e andato in scena in occasione del Giorno della Memoria. L’inferno/inverno in questione ha per oggetto la poco nota storia di Johann Trollmann detto Rukeli, un pugile tedesco – ma di cultura ed etnia sinti – la cui brillante carriera (avrebbe potuto cingersi della corona mondiale dei medio-massimi) fu prima ostacolata e poi recisa nella Germania di Hitler ; dulcis in fundo, i nazisti fecero passare Rukeli per un camino insieme a un popolo di zingari. Vacca adotta modalità corali, nonché ‘maschili’. Anna Maria Stasi è l’unica presenza femminile, il resto del cast essendo composto dai giovanissimi allievi del laboratorio teatrale Chièdiscena condotto dallo stesso Vacca, a sua volta presente in scena. Una scelta coerente con lo spirito di questo sport, storica roccaforte ‘macha’ e che da sempre ha visto le donne relegate in platea, ai bordi del ring  (per quanto da qualche anno tra i pugilatori si sia fatto spazio una sparuta quota rosa). Una presenza femminile singolare e fiera, che da sola sembra ergersi ad antagonista di una rappresentanza maschile che un poco dà di branco (efficace l’idea di calzare una maschera suina quando il potere perso ogni ritegno si svela per quello che è). Tale rivalità trova riflesso nella reciproca integrazione ai fini narrativi. Una voce di donna intervalla quella di un microcosmo maschile compatto soprattutto nel gesto. E viceversa. Tutta ruota intorno a Rukeli, il medio-massimo che ‘danzando’ intorno all’avversario anticipò di una trentina d’anni la tecnica devastante del grande Cassius Clay. Ma in scena il suono dei guantoni non si avverte. E solo un gioco di corde elastiche delinea in apertura il perimetro del quadrato. Più di ring, ‘Il mio inv(f)erno’ trasmette odore di redazione di giornale, di spogliatoio, di tinello domestico, di caffetteria… E’ un Trollmann da dietro-le-quinte che qui si svela, peraltro apparendo pochissimo. Si può dire che il vero protagonista sia la sua ombra, con cui Rukeli sogna ripetutamente d’incrociare i guantoni. E quest’area scura ha del gigantesco, componendosi idealmente delle ombre di trecentomila innocenti mandati a morte. Anna Maria Stasi brilla anche quando presta la sua voce vibrante di pathos agli accordi del resto dei CFF (i bravi Vanni La Guardia e Anna Surico), nella veste di esecutori a vista. Caldo e grato l’applauso del pubblico per  Toni Bia, Mario Caponio, Luca Cardetta, Roberto Indellicati, Max Americo Lippolis, Raffaele Ricciardi, Giorgio Russo, Denis Uldedaj. Hanno collaborato Paolo Ruscitto (voce fuori scena) e Valerio Pastore (libretto di sala).

 

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 31 Gennaio 2018

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