Cultura e Spettacoli

Quel Maresciallo, solitudine e coraggio

Il17 giugno 1909 nasceva ad Otranto, Ettore d’Amore. Sarebbe morto drammaticamente a poco più di cinquant’anni. Un altro pugliese morto sul lavoro, lontano dalla sua terra. Circa novecento chilometri separano Otranto e Orgosolo, che sono posizionate quasi alla stessa latitudine, ad est e a ovest dello stivale. Nel 1959 quella distanza sembrava il triplo, il quadruplo, non tanto per la difficoltà dei collegamenti (nel dopoguerra, fra treni, bus e navi, non bastavano ventiquattr’ore per andare dall’una all’altra città) quanto per la profonda differenza che divideva una Puglia bonaria ed ospitale da una Sardegna chiusa a riccio, diffidente e ostile. Uno stato di cose, quest’ultimo, che trovava massima espressione nel tristissimo fenomeno del banditismo. Fenomeno contro il quale le forze dell’ordine lottarono aspramente, lasciando sul terreno di battaglia molti uomini. Tra questi ci fu il  D’Amore, all’epoca dei fatti Maresciallo Capo dei Carabinieri. Di quest’uomo si sa come morì, non come visse. Prodiga persino di dettagli a proposito di un popolo di mezze cartucce,  la Rete sa essere avarissima a proposito di uomini di ben altra caratura, come nel caso del Nostro. Le uniche notizie disponibili, dicevamo, sono relative solo alla sua morte: Le ricaviamo dalla motivazione della medaglia d’oro che gli fu conferita al valore militare e alla memoria. Dunque, dovrebbe essere andata così : In un clima “dominato dalla paura e dall’omertà in cui imperavano l’anonimo e l’intimidazione” il D’Amore si trova nella necessità “di mantenere fermi il prestigio e la forza della legge”. Viene da pensare ad una situazione ambientale disperata in cui un pugno di Carabinieri viene minacciato apertamente : Guai a voi se mettete il piede fuori dalla caserma… Una sfida, insomma. Serve un gesto esemplare. Pronti a tutto, D’Amore e i suoi uomini, si mettono sulle tracce di un fuorilegge, già “autore di una lettera estorsiva”  e in procinto di mettere in atto “un’azione criminosa” (forse colpire gente che non si era piegata al suo ricatto). Gli uomini sono pochi e il territorio  è vasto. Ettore D’Amore è in prima linea con tutti gli altri. Si trova così “da solo” ad affrontare questo “temibile malvivente armato ed appostato”. Da un nascondiglio parte un colpo. “Colpito a morte”, il Maresciallo trova la forza  “di scagliare una bomba a mano” che mette in fuga il malvivente… Spiace dover inventare, sia pure con sostegno del buon senso. Non è bello dover supporre e andare avanti con il condizionale e a forza di ‘forse’, ‘chissà’, ‘probabilmente’… Ma quale l’alternativa? La figura di Ettore D’Amore merita maggiore attenzione.

 

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 17 Giugno 2017

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