Cronaca

Quelle sette domande scomode sulle liste d’attesa

La regola d’oro del silenzio non riguarda solo l’ambiente, quando magari bisogna difendere una costa dagli appetiti di palazzinari e imprenditori senza scrupoli, bensì anche la sanità. E in Puglia accade che le domande senza risposta riguardino la piaga insanabile e terribile delle liste d’attesa di chi è malato ed è costretto ad aspettare mesi e mesi per un’analisi o una visita specialistica nel reparto d’un ospedale pubblico.  E così ieri sono tornati in campo una mezza dozzina di consiglieri regionali pugliesi, per denunciare le mancate risposte alle sette domande sull’applicazione o meno del regolamento vigente. Con tanto di diffida finale per i direttori generali esortati ora ufficialmente a rispondere. Ma cominciamo dal principio. “Nessuna risposta dai direttori generali delle Aziende sanitarie locali dopo quasi un mese dalle sette domande formulate per conoscere lo stato d’applicazione del regolamento regionale su liste d’attesa e attività a pagamento. Per sollecitare la risposta, dunque, la mezza dozzina di consiglieri della Regione Puglia hanno inviato una lettera di diffida, perché le file ai CUP non diminuiscono e si teme che il regolamento adottato nel 2016 non sia applicato in nessuna azienda. Lo comunicano papale papale i consiglieri regionali Fabiano Amati, Sergio Blasi, Napoleone Cera, Gianni Liviano, Donato Pentassuglia e Ruggiero Mennea. “Dopo lo stravolgimento della proposta di legge sulle liste d’attesa – proseguono i sei esponenti in Consiglio regionale – inviammo una lettera ai Direttori Generali delle Asl, con sette domande sull’applicazione del regolamento vigente. Sapevamo, ovviamente, che risponderci sarebbe stato molto difficile, perché il regolamento n. 2 del 2016, approvato dalla Giunta Emiliano, non ci risulta sia mai stato applicato nelle sue parti più sensibili e vigorose. E, infatti, proprio la sua disapplicazione ci aveva fatto pensare a una proposta di legge in grado di far rispettare norme già vigenti, a fronte di una chiara violazione ed elusione”. “È passato quasi un mese – rimarcano i sei politici – dalla richiesta e non abbiamo ottenuto risposta, in violazione delle nostre prerogative, e forse perché i numeri potrebbero giustificare l’utilità della nostra iniziativa ingiustificatamente bocciata. Per questi motivi abbiamo diffidato i direttori generali delle Asl, aziende universitarie e Irccs a rispondere con urgenza alle nostre sette domande, riservandoci tutte le iniziative consentite dall’ordinamento in caso di ulteriore inerzia. Le domande rivolte ai capi delle aziende sanitarie? 1) dal 15.2.2016 a oggi quanti accertamenti d’inadempienza al regolamento regionale n. 2 dell’11.2.2016 sono stati riscontrati? 2) dal 15.2.2016 ad oggi quante e quali inadempienze sono state riscontrate alle disposizioni aziendali in materia di attività a pagamento (Alpi)? 3) dal 15.2.2016 ad oggi quanti casi di disallineamento nei tempi d’attesa, per unità operative e singole prestazioni, sono stati riscontrati tra attività istituzionale e attività libero-professionale? 4) dal 15.2.2016 ad oggi quanti casi di sospensione o di revoca dall’esercizio dell’Alpi nei confronti di singoli operatori sono stati effettuati? 5) Dal 15.2.2016 ad oggi quante verifiche sui presupposti d’autorizzazione della cosiddetta Alpi allargata sono state effettuate? 6) dal 15.2.2016 ad oggi quante autorizzazioni all’Alpi allargata sono state revocate o sospese? 7) dal 15.2.2016 ad oggi quante attività di verifica sull’esecuzione del regolamento regionale n. 2 dell’11.2.2016 sono state promosse dall’assessorato regionale alla Salute?”. E infine, visto che avanza un po’ di spazio: dal 15 febbraio di tre anni or sono, quanti direttori generali in Puglia hanno avuto il coraggio di rispondere a queste sette domande sacrosante? Facile…nessuno!

Antonio De Luigi


Pubblicato il 19 Aprile 2019

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