Cultura e Spettacoli

‘Santa Maria del Foggiaro’

Reduci da fortunate tournée in Germania e Australia, i salentini Kalascima sono anche stati ospiti a Bari di Medimex 2012, circostanza nella quale hanno presentato la loro ultima incisione, ‘S.Maria del Foggiaro’. Nati dall’incontro tra Andrea Morciano e  Riccardo Laganà, i Kalascima rappresentano un progetto di rilettura del repertorio popolare del Sud d’Italia senza disdegnare di prestare ascolto a un diffuso bisogno di memoria sociale. Emblematici di questo sentire sono cose come ‘Agosto 1956’, dedicato ai caduti di Marcinelle ; e qui ci pare il caso di ricordare che il Salento ha dato molte braccia alle miniere del Belgio e che a Casarano esiste, unico al mondo, il Museo del Minatore. Sulla stessa linea si pone ‘Per Guido Rossa’ (il sindacalista ucciso dalle BR nel ’79). Ancora alla medesima esigenza di militanza rispondono   ‘Bancopoli’ e il più pungente ‘Undici’. Peccato che l’ansia di denuncia vada un po’ a scapito dell’originalità musicale. Ovvero quanto non succede con le rivisitazioni di alcuni traditional come il festoso ed energico ‘Cutrofiano’, l’avvolgente e poi travolgente ‘Donna de coppe’, il ficcante ‘Tarantella per doppi flauti’. Quasi un’isola in mezzo a tanti strali e acuti timbrici si pone il quieto, tenerissimo ‘Valzer della rosa’, sorta di ‘valse triste’ alla salentina. E veniamo a ‘Meridionale’, il brano più rappresentativo del disco. Qui, con foga, i Kalascima cantano che la voce meridionale non è  calabrese, messinese, tarantina o napoletana, bensì “puru salentinu” e che tale voce “non è pugliese, ca nocc’entra cullu barese”. Alcuni aspetti del pan-salentinismo ci tornano inopportuni. Resta da dire del libretto d’accompagnamento, disegnato con gustoso senso dell’ironia ; particolarmente efficace il gioco d’accostamento fra sacro e profano. Una curiosità, infine : Il disco prende nome dall’antico nucleo di Alessano, che fino al XII secolo non era andato oltre il quartiere di Santa Maria, il quale a sua volta prendeva nome da una chiesa. La chiesa era infatti intitolata a Santa Maria del Foggiaro per via delle ‘fogge’, cioè le buche scavate nella piazzetta antistante. In esse gli abitanti nascondevano vettovaglie per sottrarle alla rapacità dei predoni le cui incursioni in passato erano frequenti. Il foggiaro, ovvero l’insieme delle fosse, era affidato alla protezione della Madonna a cui quella chiesa era intitolata. Il richiamo religioso non si ferma qui. In ‘seconda’ di copertina brilla una citazione di Don Tonino Bello : ‘Delle nostre parole dobbiamo rendere conto davanti alla Storia, ma dei nostri silenzi dobbiamo rendere conto davanti a Dio’. Nativo di Alessano, Don Tonino Bello fu a lungo Vescovo della Diocesi di Molfetta, Giovinazzo, Terlizzi e Ruvo. La sua fu coraggiosa voce di pace, schierata a sud del mondo. Una voce ‘meridionale’ a tutto tondo e che non discriminava.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 4 Gennaio 2013

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