Cultura e Spettacoli

Se l’amore è marito della vita, raccontando canzoni e poesie di Piero Ciampi….

Morto un poeta se ne fa un altro”, diceva un Piero Ciampi nero come la pece alla dirigente Rai che s’era permessa di farlo aspettare più di mezz’ora, in una sala d’aspetto, invece di riceverlo immantinente per discutere con lui d’una trasmissione. Sì, insomma un qualcosa col Maestro Gianni Marchetti al pianoforte che mandasse in onda finalmente un ‘recital’ col suo sorriso stralunato che cantava canzoni e poesie. C’era questo episodio e tanto, ma tantissimo altro ancora ne “L’amore è il marito della vita”, lo spettacolo che sabato scorso la Compagnia ‘Prisma’ ha presentato al Teatro Osservatorio di via Trento dodici, a Bari. Diciamolo subito: non è stato facile raccontare la storia di Piero Ciampi, misconosciuto poeta e cantante livornese che, se fosse vissuto in Francia, gli avrebbero tributato onori e cavalierati, amico di “pittori ciechi e musicisti sordi’. Ciampi che, a partire dall’inizio dei Sessanta, visse tra Roma, la Calabria e Parigi con Celine, ispirando Paoli, Lauzi e De Andrè. Ciampi che si prendeva a cazzotti con Franco Califano solo perché non gli aveva offerto da bere nel suo locale, appena entrato. E’ il Ciampi che giocava a dama con Carmelo Bene e mangiava con Mario Schifano, che si è materializzato come per magia nello spettacolo di sabato, triste, misterioso e avvincente. La vita ‘corta scritta sulla pelle’ del Ciampi artista ed egoista, quello che scriveva le sue poesie sui conti non pagati al ristorante; quello perennemente ubriaco che ha avuto due figli senza riuscire mai a vederli, se non ‘…a cena sulle stelle’. E’ stato anche questo, ‘deo gratia’, che hanno raccontato recitando e cantando gli irripetibili del ‘Prisma’ dinanzi a una ventina di spettatori rapiti. Tanti quanti, purtroppo, ne conteneva il minuscolo proscenio dell’Osservatorio, riuscendo solo con un pianoforte e parole a non racchiudere niente nell’etichetta di genere: che sia stato recital, musical da camera, o monologo, ogni definizione rischia di tralasciare qualcosa. È stato invece nell’anima fortemente performativa di Piero, che lo spettacolo andava inquadrato col suo amalgama indissolubile di recitazione, danza e musica suonata dal vivo al pianoforte, unita a una drammaturgia nuova di un testo scritto da Giovanni Gentile che, in questo lavoro, firma anche la regia. Eggià, Piero Ciampi è, forse, oggi, il talento più folle e più geniale della musica d’autore italiana del ‘900, ma anche il più dimenticato. Autore della scuola genovese, anche se era nativo di Livorno, Ciampi segue il percorso che, con Gino Paoli, Luigi Tenco, Bruno Lauzi e Fabrizio De Andrè, lo porterà a Roma. “L’amore è il marito della vita”, un’altra visione di Piero che la compagnia barese ha usato per titolare quest’ultimo lavoro, ha dunque esplorato in quasi due ore tra racconti e canzoni quasi tutta la gamma delle emozioni umane: tenerezza, amicizia, affinità e poi travaglio, tormento fino ad un drammatico epilogo. Nonostante l’argomento trattato, lo spettacolo è vivace, brioso, ironico, adatto ad un pubblico di tutte le età, un pubblico che avrà il privilegio di scoprire uno dei pochi veri artisti della canzone italiana scientificamente emarginato dalle nostre case discografiche, salvo lo sforzo iniziale della Rca di Ennio Melis, anche lui scomparso pochi anni fa. Nelle canzoni –alcune anche inedite- di Ciampi (peccato che nello spettacolo mancassero alcune bellissime degli Anni Ottanta sul lavoro che non c’era mai, su un merlo che dava il tempo, sul vino, ma anche sulla separazione in un palazzo di giustizia) ascoltate da quasi tutti sabato scorso per la prima volta. Uno spettacolo che vale la pena di vedere per scoprire un artista scomparso trentaquattro anni fa e troppo ingombrante per la nostra cultura, ora come allora. <>, si leggeva nel comunicato stampa per presentare lo spettacolo su Piero Ciampi. Che quasi nessun giornale ha pubblicato….

Francesco De Martino


Pubblicato il 14 Novembre 2014

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio