Cultura e Spettacoli

Sul fondo si sparse la merce

La recentissima scoperta nelle acque pugliesi comprese tra Punta del Serrone e Torre Guaceto di nuove testimonianze di naufragi avvenuti nell’era romana (e anche più tardi) meraviglia relativamente. Le testimonianze in questione consistono in avanzi di anfore trasportate da nave ‘onerarie’, ovvero da carico. Quando un fondale marino si presenta cosparso di tali avanzi, si parla di ‘campo di cocci’, o ‘gruppo di anfore frammentarie’ (se invece i reperti si fossero mantenuti integri, si sarebbe parlato di ‘campo di anfore’). Di questi ‘campi’, i mari di Puglia sono pieni. Le carte archeologiche sottomarine  contano 108 ‘campi’, di cui ben sei concentrati nel suddetto braccio di mare. E ciò si spiega col fatto che nel basso Adriatico lo scontro dei venti balcanici con quelli che soffiano dal nord Africa dà vita a insidiosissime trombe marine, responsabili nei giorni della navigazione a vela di un migliaio forse di naufragi. Uno dei reperti tornati alla luce qualche giorno fa appartiene ad un’anfora vinaria prodotta a Forum Popili, oggi Forlimpopoli. Posta a pochissima distanza dal porto di Civitas Classis, nome antico di Classe, oggi frazione di Ravenna, Forum Popili conobbe nei primi secoli dell’epoca imperiale un forte sviluppo economico, frutto di intense attività agricole, tra cui predominava la produzione del vino. Che quell’anfora sia stata prodotta a Forum Popili lo si arguisce da un’inconfondibile bolla impressa nella terracotta. Anche duemila anni fa i colli destinati al trasporto di olio, vino, garum (salsa di pesce) e altre merci dovevano recare indicazioni indelebili – perciò stampigliate – relative alla capacità e tara del contenitore e al suo fabbricante, il quale di esse si faceva garante, rispondendone per Legge. Le anfore di Forum Popili si distinguevano per l’avere il fondo piatto, l’imboccatura corta e un disegno leggermente panciuto. Erano perciò diverse dal modello a corpo fortemente allungato e sviluppo cilindrico, caratterizzate in coda da un puntale (vedi immagine) che aveva la funzione di presa supplementare per i facchini. Ciò induce a pensare che questo tipo di anfora fosse destinato a caricare merci più pesanti – per decimetro cubo – di acqua e olio, come granaglie, sale, ceci, fave, fagioli, noci, mandorle… Chissà quante di queste anfore sfuggirono di mano a operai stremati. A Roma il Mons Testaceus è una collina artificiale alta 35 m. formata da milioni di cocci di anfore andate in frantumi nel corso delle operazioni di carico e carico che si svolgevano nel vicino porto di Ripa Grande (era questo il più grande porto fluviale della capitale, posto a valle del Ponte Sublicio).

 

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 28 Giugno 2019

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