Cultura e Spettacoli

Tarantasio, drago presunto

Se il toponimo Taranto trae origine dal leggendario Taras, la parola Tarànto da dove viene? Deriva da Tarantasio, il mostro del lago o acquitrino di Gerundo (lo specchio d’acqua di cui parla il monaco Sabbio, vissuto nel 1100), che con i loro straripamenti i fiumi Adda, Oglio e Serio creavano nell’area compresa tra Bergamo, Lodi, Cremona e Milano e poi scomparso per bonifica nel XIII secolo. Secondo una delle tante leggende che lo riguardano, Tarantasio sarebbe nato dal cadavere del condottiero Ezzelino III da Romano che, scomunicato, era morto suicida. A ucciderlo sarebbe stato Uberto Visconti, fondatore dell’omonima casata, il cui stemma gentilizio riporta non a caso l’immagine di un biscione con un bambino tra le fauci. Altre fonti invece vogliono che a mettere fine all’esistenza del mostro fosse il vescovo di Lodi, Bernardino Tolentino ; l’alto prelato avrebbe addirittura portato in processione Tarantasio morente facendo voto di restaurare la chiesa di S. Cristoforo a Lodi. Si narra pure che l’intero scheletro o parte di esso sia stato conservato in quella chiesa fino al XVI o XVII secolo (in effetti un documento del 1300 riporta la notizia di una creatura di dimensioni mostruose uccisa a Lodi e le cui ossa arrivarono all’era moderna…). Una curiosità, dal drago Tarànto deriva anche il logo del cane a sei zampe dell’Agip, realizzato da Luigi Brogini per il concorso indetto da Enrico Mattei negli anni cinquanta per la creazione del logo aziendale. Ma torniamo al nome della nostra misteriosa creatura. Tarànto o Tarantasio che sia, è evidente l’assonanza del nome del presunto drago con quello della città dei due mari. Tanto potrebbe spiegarsi con la violenta repulsione suscitata nei primi testimoni dall’apparizione del ‘mostro’. L’accostamento ‘per disgusto’ alla tarantola, l’aracnide responsabile del controverso fenomeno del tarantismo potrebbe spiegare la genesi del nome. Dunque, Tarantasio era così brutto?  I bestiari del tempo lo descrivono come una creatura serpentiforme dalla testa enorme, grandi corna, coda e zampe palmate ; cacciava fuoco dalla bocca e fumo dalle nari, produceva terribili esalazioni e si nutriva di esseri umani, con particolare predilezione per i bambini. In realtà doveva trattarsi di un gigantesco serpente di mare oppure di una balena che dopo aver risalito il corso del Po si erano stabiliti nel Gerundo. Quanto poi ai suoi connotati di drago, quelle fiamme e quel fumo, il fiato pestilenziale si possono spiegare con le caratteristiche dell’habitat. Le paludi producono gas maelolenti. Alcuni di questi, quando non si incendiano a contatto con l’atmosfera (ecco le fiamme), danno vita a nebbie persistenti (e siamo al fumo cacciato dalle nari).
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Pubblicato il 5 Ottobre 2011

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