Cultura e Spettacoli

Un balcone sulla Storia

Fino ad una trentina d’anni fa i visitatori di Egnazia erano in diritto di muoversi (gratuitamente) fra quelle rovine.  Quale emozione poter percorrere duecento metri – intatti! –  di Via Appia e scendere nel sotterraneo adibito a granario, fare ingresso in sepolcri a camera ancora affrescati… Poi i soliti vandali costrinsero la Soprintendenza a recintare tutto. Adesso il visitatore, pagato un piccolo biglietto d’ingresso, deve contentarsi di una modesta balconata che, elevata a ridosso della strada litoranea, consente non più che una veduta generale dell’area archeologica. Si sarebbe potuto fare di più. Alla periferia di Cavallino, nel leccese, si estende un sito messapico di 69 ettari racchiuso da una grande opera di fortificazione lunga 3100 metri. L’area è interamente servita da un sistema di percorsi di visita pedonali e ciclabili studiati per consentire il collegamento dell’abitato antico con quello moderno e completati con elementi d’arredo quali cestini porta-rifiuti, panchine, leggii e isole segnaletiche. Non bastasse, ai confini dell’area è stata elevata una terrazza artificiale alta ben dieci metri. Lo chiamano il Balcone sulla Storia. Ma la grande balconata di Cavallino non vuole solo offrire un intrigante sguardo d’assieme di quegli scavi. Essa consente di cogliere all’interno di un territorio piuttosto orizzontale la ricchezza delle componenti paesaggistiche entro cui il sito messapico è rinchiuso. Perché quello di Cavallino è qualcosa di più di un sito archeologico, ovvero di un museo all’aperto, è un ‘museo diffuso’. Il museo diffuso si pone come opportunità di scoperta del legame fra risorsa archeologica e il territorio (con la sua comunità) nel quale tale risorsa trova posto. In quest’ottica, testimonianze del passato emerse da scavi assumono più vasto significato quando riconsiderate alla luce del saper fare, del colore sociale e delle tradizioni delle comunità ‘di contorno’. Queste ultime potenzialità possono venir  esaltate attraverso la promozione di attività didattiche e di ricerca che coinvolgano la popolazione e le Istituzioni locali. Qualcuno ha detto che il museo diffuso equivale ad un patto con cui una comunità si prende cura di un territorio. E prendersi cura di un territorio può anche significare il recupero di un edificio storico (all’interno di un centro abitato o del suo territorio), la protezione di ambienti naturali o il recupero di attività lavorative del passato. In effetti, stimolati a prendersi cura di beni culturali avvertiti come ‘propri’, i residenti divengono i migliori custodi e promotori di queste ricchezze con ricadute benefiche per l’economia del territorio (in questo modo a lavorare non sono solo albergatori e ristoratori ma pure guide turistiche, gruppi folcloristici, artigiani di tradizione…). Ciò spiana la strada ad un’idea più ampia, quella di itinerari tematici (per esempio la memoria messapica nel Salento) che coinvolgano musei diffusi che siano ravvicinati nell’ambito di uno stesso territorio.

 

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 17 Settembre 2015

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