Pane e quotidiano con Alda Merini (II parte)
Pochi grammi di poesia al giorno per stare a contatto con l’universo poetico che vibra intorno a noi.
Alda Merini vive la sua infanzia tra un padre colto, affettuoso e attento che a cinque anni le regala un vocabolario e le spiega le parole tenendola sulle ginocchia, e una madre severa, pragmatica, distante. Alle elementari è la prima della classe e a dieci anni vince il premio Giovani Poetesse Italiane. Studia pianoforte e frequenta le scuole professionali. Vorrebbe essere ammessa al Liceo Manzoni, ma non supera la prova d’italiano. Nonostante ciò, grazie al suo mentore Giacinto Spagnoletti esordisce come autrice a soli 15 anni. Nel 1947 incontra «le prime ombre della mente», come ebbe modo di definirle, e finisce internata per un mese a Villa Turro. Per Alda il manicomio sarà un’esperienza purtroppo costante, una sorta di alternarsi tra buio e luce, l’inizio di un estenuante viaggio nella psicanalisi. Le su prime poesie pubblicate nell’Antologia della poesia italiana sono Il gobbo e Luce, nel 1950.
Il gobbo
Dalla solita sponda del mattino
io mi guadagno palmo a palmo il giorno:
il giorno dalle acque così grigie,
dall’espressione assente.
Il giorno io lo guadagno con fatica
tra le due sponde che non si risolvono,
insoluta io stessa per la vita
… e nessuno m’aiuta.
Mi viene a volte un gobbo sfaccendato,
un simbolo presago d’allegrezza
che ha il dono di una stana profezia.
E perché vada incontro alla promessa
lui mi traghetta sulle proprie spalle.
Rubrica a cura di Maria Pia Latorre ed Ezia Di Monte
Pubblicato il 23 Marzo 2022