Cultura e Spettacoli

Al notaio San Tommaso disse : Grazie

Secondo la tradizione, San Tommaso Apostolo si spinse a predicare il Vangelo fuori i confini romani. Sarebbe stato sepolto a Mylapore, nell’India sud-orientale. Nel III secolo, a causa di una persecuzione anti cristiana, i fedeli trasportarono le ossa del Santo a Edessa (l’odierna Sanliurfa nella Turchia sud-orientale). Successivamente i suoi resti vennero trasferiti nell’isola di Chio, in Egeo. Nel 1258 il navigatore ortonese Leone Acciaiuoli, di ritorno da una spedizione navale in appoggio ai Veneziani in guerra con Genova, portò le ossa a Ortona, nella cui Basilica ancora oggi si trovano. Qualcuno più tardi avanzò il dubbio che quelli non fossero i resti del famoso Santo ‘diffidente’ (com’è noto San Tommaso si convinse della resurrezione di Cristo solo dopo averNe materialmente toccato il corpo vivo). Non era infrequente in quei tempi che religiosi disonesti imbastissero truffe colossali spacciando per reliquie spoglie di comuni mortali. E nel pressapochismo delle sepolture clandestine di quel periodo non era difficile che le ossa di un sant’uomo venissero scambiate per quelle di un comune peccatore e viceversa. Le quali truffe e i quali equivoci si spiegano con l’alta ‘domanda’ di reliquie in un momento storico in cui le stesse avevano il potere di conferire lustro a un centro abitato, voltare chiese in basiliche e sfruttare commercialmente l’afflusso di fedeli. Il che in definitiva spiega come mai ancora oggi tante chiese si ‘contendano’ le ossa dello stesso Santo. Tornando a San Tommaso, qualcuno a Ortona o altrove, dicevamo, avanzò dubbi. Gli ortonesi allora incaricarono il giudice Guglielmo di appurare la verità. Il magistrato raccolse  informazioni e, saputo che a Bari erano trattenuti prigionieri provenienti da Chio, mandò suoi uomini a raccogliere testimonianze. Il 22 settembre 1259 il notaio barese Nicola redasse un atto pubblico nel quale quei prigionieri attestavano la presenza delle reliquie di San Tommaso a Chio. La parola di galeotti bastò perché più nessuno insinuasse sospetti. Furono fatte pressioni perché quei ‘bravi’ prigionieri venissero liberati? Chissà. Venendo ora alle reliquie in sé, tra il 1985 e il 1986 studiosi dell’Università di Chieti e della Soprintendenza alle Antichità compirono una ricognizione scientifica sulle presunte ossa di San Tommaso. Nelle proposizioni riassuntive si legge: “(…) i resti scheletrici sono quelli di un longitipo con ossatura genericamente gracile, di statura 160 cm, di età scheletrica compresa tra i 50 e i 70 anni, con caratteri sessuali secondari scheletrici di tipo maschile, affetto fra l’altro da una malattia reumatica che molto probabilmente è inquadrabile come spondilo-artrite anchilopoietica di Strumpell-Marie”. Inoltre nella relazione scientifica emerge che l’individuo esaminato “mostra tracce di una frattura dell’osso zigomatico che sono marginali al taglio ; ciò dimostra che non dovette trattarsi di un fendente pesante, ma piuttosto di un tagliente ben affilato, la cui azione si è limitata al taglio, piuttosto che alla spezzatura meccanica”. Negli Atti di Tommaso il martirio dell’Apostolo viene narrato in questi termini: “[…] Quand’ebbe terminata la suddetta preghiera, disse ai soldati: Sù, eseguite gli ordini di chi vi ha inviato. Quelli vennero e lo trapassarono tutt’insieme con le lance. Cadde e morì”.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 1 Ottobre 2013

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