Notevole impressione ha destato quel pino sul lungomare De Tullio che, piegato dalla forza del vento, si è abbattuto su un’auto in sosta a pochi metri da una scuola primaria. E la polemica divampa: Perché il già contenuto patrimonio verde del capoluogo non è oggetto di regolare manutenzione?… Ma se proviamo a prescindere dalla necessità di potature regolari ed altri interventi di consolidamento, ci si accorge che il crollo degli alberi non è solo questione di vento, che l’impeto della tramontana o del maestrale è solo l’effetto, non la causa di un problema che sta a monte. Il problema è l’ignoranza. La nostra. Da sempre mettiamo a dimora alberi all’interno di giardini e lungo i bordi delle strade senza preoccuparci dello spazio concesso allo sviluppo delle radici. Con altrettanta, criminosa leggerezza si tranciano radici di alberi secolari per fare posto a condotte, al passaggio di cavi. E che dire delle costruzioni elevate senza tener conto delle esigenze di alberi preesistenti posti a pochissima distanza? Tale ‘novità’, modifica l’impatto che la pianta ha sempre avuto col vento. L’albero allora può crescere in modo anomalo, indebolirsi e cedere a venti cui, diversamente, offrirebbe normale resistenza. Se a ciò si aggiunge il danno di potature operate fuori stagione oppure affidate a operai senza competenza botanica (attraverso le ‘ferite’ inferte dalle motoseghe insetti e funghi s’infiltrano nel legno degradandolo e indebolendolo), c’è da meravigliarsi che ogni anno così pochi alberi crollino procurando danni a cose e persone. E dire che esistono colleghi che in questi casi osano titolare: Albero-killer crolla e uccide… Ma quali assassini. Si badi piuttosto a usare giudizio nel mettere le piante a dimora, prediligendo possibilmente quelle che per natura assicurano migliore resistenza al vento. E quali gli alberi più resistenti al vento? Considerando solo i sempreverdi, i quali già per il fatto d’essere costantemente coperti di foglie manifestano maggiore robustezza, cominciamo dal Ligustro (Ligustrum japonicum) che presenta il vantaggio di una crescita molto rapida. C’è poi il Pioppo nero, che vanta il pregio di sopravvivere anche nei siti particolarmente inquinati. Il Corbezzolo sopporta gelo e siccità, cresce sui suoli rocciosi, è difficilmente attaccabile dai parassiti. Infine il cipresso. Per la scarsa resistenza alle correnti d’aria agevolata dallo sviluppo marcatamente fusiforme, per la particolare elasticità del suo legno e per il fatto che le sue radici affondano nel terreno in verticale invece che in orizzontale come per le querce e gli altri alberi a chioma larga (caratteristica, questa, che ne fa l’albero adatto per i cimiteri, dove può svilupparsi quanto vuole senza interferire con le sepolture circostanti), il cipresso è quanto di meglio offre la natura in fatto di sicurezza antropica.
Italo Interesse
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