Cultura e Spettacoli

Ansia di successo e prezzo iniquo

Quando consumati in tempi brevi, i mutamente radicali cancellano memoria della tradizione, sì che ogni occasione di ritorno alle origini si traduce in motivo di stupore, anche profondo. Così è pure in teatro. E’ dalla fine degli anni sessanta che l’arte scenica viene rivoltata come un guanto, che si attorciglia su sé stessa sino a smarrire i connotati. La confusione tra ruoli, quando non la negazione di essi, ha portato specie in questi ultimi tempi a estremizzazioni improduttive. La realtà è che il teatro non può prescindere da quattro fondamentali figure professionali : autori, registi, interpreti e tecnici. Ormai abituata (soprattutto per ragioni economiche, va detto), a messinscene striminzite all’insegna del faccio-tutto-io, la platea finisce col ritrovarsi spiazzata davanti a qualunque allestimento che rivesta i caratteri della canonicità. La più recente occasione di tale impropria meraviglia risale all’ultimo fine settimana. In cartellone al Petruzzelli era una produzione Teatro dell’Elfo : ‘Morte di un commesso viaggiatore’, il capolavoro di Arthur Miller. Traduzione di Masolino D’Amico, regia di Elio De Capitani, scene e costumi di Carlo Sala, luci di Michele Ceglia e in scena Elio De Capitani, Cristina Crippa, Angelo Di Genio, Marco Bonadei… Tre ore e mezzo di spettacolo in versione integrale (e all’interno di un teatro comme-il-faut, piuttosto che del solito ex opificio prestato all’arte scenica). Alla fine il pubblico era come stordito. E non per la stanchezza. Era semplicemente stordito dalla forza travolgente di questo ritorno alle origini. De Capitani e compagni hanno messo in moto un congegno delicatissimo, perfetto, che assorbe senza sforzo l’attenzione dello spettatore. Il ‘colore’ sempre giusto fa sì che il dramma di Willy Loman, questo perdente che si ostina a vestire l’abito (troppo stretto) del vincente, si palesi ben più giovane dei 66 anni che ha. Il grande sogno-dovere di sfondare nella vita, pena l’essere bollati come falliti, quest’ansia di successo anche a fronte del prezzo più iniquo, non è solo abbaglio dipinto a stelle e strisce, né resta ancorato agli ultimi guizzi di benessere collettivo espresso dal capitalismo. Quel sogno-dovere è oggi credo globale, un credo competitivo più pesante di una croce. Non lo capisce quasi nessuno. Non lo capiscono nemmeno Biff ed Happy, i figli di Willy, i quali alla morte del padre si ripromettono di riscattarne la memoria perseguendo lo stesso rovinoso sogno-dovere. – Prossimo ed ultimo appuntamento per la stagione di prosa al Petruzzelli : martedì 28 e mercoledì 29 aprile con ‘Carmen’, di Enzo Moscato con Iaia Forte nei panni della fatale gitana. Adattamento e regia di Mario Martone. Una produzione della Fondazione Teatro Stabile di Roma – Teatro di Roma.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 22 Aprile 2015

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