Cronaca

Anticorruzione e Corte dei Conti dicono no, ma dirigenti e funzionari mettono radici

Ancora troppe ombre sulle nomine dei funzionari ai vertici di servizi e settori nelle pubbliche amministrazioni, dipendenti che dovrebbero svolgere le funzioni da vice-dirigente loro assegnate per periodi ben determinati, per passare successivamente galloni (…e sostanziosi “extra” in busta paga) ai colleghi funzionari che posseggono  pure loro titoli e anzianità. Si tratta di evitare, ce ne siamo occupati su queste colonne la settimana passata, situazioni di privilegio o rapporti troppo ravvicinati quando certi incarichi di vertice si prolungano nel tempo. Così in troppe amministrazioni ed enti locali gli ingranaggi si ingrippano e i dirigenti, con molti funzionari saliti al rango di posizioni organizzative, preferiscono mantenere ad ogni costo quelle posizioni, con ogni mezzo. Tutto il contrario di ciò che prescrivono molte norme, come detto. Ad esempio, lo schema di Piano Nazionale Anticorruzione (PNA) 2020-22 recentemente approvato dall’Autorità Nazionale Anticorruzione con delibera n. 1064 del 13 novembre 2019, fornisce un quadro chiaro sulla regolamentazione riguardante la rotazione degli incarichi nelle pubbliche amministrazioni. Un quadro limpido che, come detto, sfugge però a troppi amministratori e a cui bisogna aggiungere altre indicazioni provenienti dai magistrati contabili. Ai quali è toccato decidere per la la ricusazione del visto di legittimità per la conferma di un incarico dirigenziale, proprio per aver l’amministrazione violato i principi della obbligatoria rotazione. Questi aspetti, particolarmente incisivi sull’organizzazione degli enti locali, stravolgono prassi e abitudini ormai consolidate, tanto da far estendere la rotazione oltre che ai dirigenti, anche ai funzionari incaricati di posizione organizzativa, per giungere sino ai responsabili dei procedimenti. Insomma, l’Autorità Anticorruzione che il giudice Cantone ha lasciato l’anno scorso, dà indicazioni precise sulla rotazione del personale, contenute in particolare nell’allegato 2 della delibera 1064/2013. Insomma, la rotazione “ordinaria” del personale addetto alle aree a più elevato rischio-corruzione rappresenta una misura di importanza cruciale, tra gli strumenti di prevenzione. Essa è stata introdotta nel nostro ordinamento, quale misura di prevenzione della corruzione, dalla legge 190/2012 – art. 1, co. 4, lett. e), co. 5 lett. b), co. 10 lett. b). Le amministrazioni, tanto per capirci, sono tenute a indicare nel Piano Triennale di Prevenzione alla Corruzione e Trasparenza (PTPCT) come e in che misura fanno ricorso alla rotazione e il PTPCT può rinviare a ulteriori atti organizzativi che disciplinano nel dettaglio l’attuazione della misura. Il compito di vigilare sull’attuazione di queste misure? Beh, è in capo al responsabile del Piano, presente all’interno della medesima amministrazione, con dirigenti e p.o. che mettono radici anche per vent’anni in servizi particolarmente esposti a rischi. Come quelli a risorse umane o appalti. Eppure, occorre ripeterlo fino alla noia, la rotazione del personale rappresenta misura organizzativa “preventiva”, finalizzata proprio a sradicare quei ‘nidi’, limitando il consolidarsi di relazioni che alimentano dinamiche improprie nella gestione amministrativa, tipo la permanenza nel tempo di determinati dipendenti nel medesimo ruolo o funzione. L’alternanza, invece, riduce sensibilmente il rischio che un dipendente pubblico, occupandosi per lungo tempo dello stesso tipo di attività, servizi, procedimenti e instaurando relazioni sempre con gli stessi utenti, possa essere sottoposto a pressioni esterne o possa instaurare rapporti potenzialmente in grado di attivare dinamiche inadeguate e l’assunzione di decisioni non imparziali. Troppi lo dimenticano, ma la rotazione rappresenta pure un criterio organizzativo che contribuisce alla formazione del personale, accrescendo conoscenze e preparazione professionale del lavoratore. Ma molti, troppi al Palazzo di Città, su questi argomenti restano indifferenti “”….dando impulso a dinamiche che stravolgono i principi della sana amministrazione””, direbbe il Legislatore. Ma scendiamo nel particolare: nel piano adottato dal Comune di Bari per il triennio 2020-2022 la rotazione prevista sia per i dirigenti che il personale incaricato di posizione organizzativa risulta regolamentata all’art.7. La previsione indica in cinque anni la durata massima della responsabilità della struttura, con estensione di questo periodo al personale dipendente incardinato nelle aree a rischio incaricati di posizione organizzativa. Con l’obbligo in capo al dirigente, tanto per dirne un’altra, di provvedere alla rotazione in presenza di due dipendenti in possesso della più idonea professionalità. E finanche la Corte dei Conti, Sezione Centrale del Controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato, con deliberazione del 28/4/2016, n.7 si è occupata della conferma di un incarico dirigenziale che si prolungava dal 2005. Un vero e proprio ‘nido’ all’interno d’un servizio pubblico come ce ne sono anche al Comune, peraltro in un settore sensibile com’è il Personale. Bene, secondo il collegio contabile, la ragionevole durata di un incarico dirigenziale è da riferirsi alle previsioni della legge 124/2015 che, sempre con riferimento alla durata degli incarichi, periodo di quattro anni, contempla la facoltà di un rinnovo per ulteriori due senza procedura selettiva per una sola volta, purchè sorretto da idonea motivazione. Per concludere: il regolamento sugli incarichi p.o. ormai datato, ha bisogno di una riscrittura anche  in relazione a al Regolamento tipo messo a punto dall’ANCI in uno dei suoi quaderni operativi, il n.18 dell’aprile 2019, nel quale  si legge art 3) “ Procedura per il conferimento degli incarichi”, comma 6)” … L’amministrazione promuove, quale strumento di crescita e valorizzazione professionale , la rotazione degli incarichi”. Figurarsi….

Francesco De Martino


Pubblicato il 15 Luglio 2020

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio