Cultura e Spettacoli

Arrivederci Vittorio, padre del collettivo Teatraperto

Vittorio Cosentino, Uomo, Maestro, Intellettuale e Artista teatrale a 360°, è morto lo scorso sabato 21 marzo 2020 presso l’Ex Caserma Rossani di Bari.Il suo cuore si è fermato, era stanco; perché la vita è già una lotta per tutti ma per Vittorio la lotta per i propri ideali veniva prima della sua stessa vita.Chiunque l’abbia conosciuto anche per pochi istanti, capiva nell’immediato di che pasta fosse fatto: “siamo fatti della stessa sostanza dei sogni” avrebbe risposto lui stesso citando W. Shakespeare.<<<Quando conobbi Vittorio ero una ragazzina di sedici anni, timida e sognatrice. Gli dissi che volevo far parte della sua compagnia teatrale e fare l’attrice ma avevo un problema: ero troppo timida. E lui, con una bella risata mi rispose: ma se i più grandi attori del mondo sono timidissimi! Così mi rilassai e iniziai l’avventura con “Sogno di una notte di mezza estate”; mi divertivo da matti! Con Vittorio, il teatro era emozione, adrenalina, vita in strada, lavoro di gruppo. Sapeva ascoltare; conosceva il mondo e l’animo della gente; nutriva il suo teatro di materiale umano e dell’apparente banalità del quotidiano per creare e ricreare. Le riflessioni fuori scena erano momenti preziosi di dialogo e scambio; nel gruppo sapeva creare buona energia, vibrante, positiva, ci sapeva caricare; e ci volevamo bene, anche grazie a lui.>> >

<<< ”L’uomo è poco se stesso quando parla in prima persona ma dategli una maschera e vi dirà la verità”( O. WILDE) L’ho conosciuto con queste parole: era la prima volta che sentivo parlare di maschere, di personaggi, di teatro; non di quello che si fa sui palcoscenici vellutati ma il teatro che si vive per strada, nella vita di tutti i giorni, in cui ognuno riveste il proprio personaggio. Ci ha dato la possibilità di toglierci la maschera per indossarne altre mille; di sperimentarci in tutte quelle che ci appartenevano ma che non avevamo ancora indossato. Eravamo dei ragazzini sperduti e lui ci ha fatto strada, ci ha reso più consapevoli di ciò che eravamo. Ovunque andrai, sarai arte.>><<A parte i miei genitori, Vittorio è la persona da cui ho imparato di più. Con lui, io che ero insegnante, ho capito come si fa ad imparare. Per Vittorio, l’attore, la persona, veniva prima dello spettacolo. Sebbene vivesse per il teatro, credo che per lui fosse solo un mezzo. Le porte del suo teatro erano aperte a tutti, sempre.>>>

 << Vittorio era un uomo speciale e come tutti gli esseri speciali aveva scelto un percorso difficile, sempre in salita. Generoso ed idealista, non c’era persona che non accogliesse nel suo laboratorio con entusiasmo e inarrestabile ottimismo. Il suo era il teatro-APERTO, luogo dell’inclusione, del tutto è possibile, del lancio nel vuoto che vuoto non era. Ha innescato una scintilla nei cuori di tantissimi, giovani ragazzi che si affacciavano alla magia del teatro per la prima volta soprattutto quando eravamo confusi dal rumore della vita.

Vittorio indicava la via ma poi viaggiava con noi; ad ogni passo urlava, piangeva e rideva con noi per poi riportarci a riva, con una spinta ed un panino mozzarella e prosciutto. Ci ha insegnato la “fatica” del mestiere, ci ha donato la libertà di pensiero e di cuore, e con grande generosità, come solo un padre sa fare, uno ad uno, ci ha lasciati andare con la stessa serenità con cui ci aveva accolti.>>

<<Vittorio faceva teatro perché amava la vita e questo suo grande amore lo faceva vivere con la testa per aria e i piedi in terra. Esattamente come un attore elisabettiano, un attore passionale, si concedeva facilmente all’amore: quando Vittorio s’innamorava follemente di una donna, il suo equilibrio si perdeva e con esso quello del gruppo.>>

<<Vittorio sto intraprendendo questo laboratorio perché la recitazione è il mio sogno ma devo cercare di combattere una brutta bestia che in questi anni mi ha preso alla sprovvista: l’ansia. Non so se ne sarò capace: pensi possa essere terapeutico? E Vittorio: beh la risposta te la sai data da solo, ti ha dato già il coraggio e poi non ci vuole capacità nel fare quel che sogni ma amore.>>

<<Secondo lui “siamo tutti potenziali attori, basta volerlo!”. Ci ha insegnato l’amore per il teatro. Vivrà in eterno nei nostri ricordi>>.

<<E quanti ricordi! Quante emozioni! Quante risate! Che momenti memorabili! Ho incontrato persone speciali e ho conosciuto anche me stessa grazie al gioco teatrale che mi ha insegnato lui. Resteranno sempre impressi nella mia mente i suoi occhi da bambino che non invecchia mai!>>

<<Quando conobbi Vittorio, non esitai a cogliere al volo “le chiavi” del suo regno. Prova dopo prova, appresi l’arte della giocoleria, della clownterapia, del teatro Shakespeariano, del poema epico, del teatro per ragazzi, quello di strada e di denuncia sociale; soprattutto l’arte dell’amore, perché “fare teatro è come fare l’amore”, diceva sempre Vittorio. Un teatro che attraverso la poetica del passato trova sempre l’occasione per parlare d’attualità, per denunciare, per non scendere a compromessi; ecco perché era un artista che faceva discutere.

Ricordo il suo odore, quell’aroma d’agrumi: amava mangiare le arance; ricordo il suo sguardo che ti pietrificava quando il tuo modo di lavorare non era vero, e la sua voce, così intensa e profonda. Un artista che non ha mai avuto il pudore di mettersi a nudo di fronte al pubblico; sul palcoscenico mostrava tutto se stesso: il corpo, la voce, i pensieri, gli ideali e i sogni d’amore per l’intera umanità. Gli si da’ il merito di aver formato generazioni di artisti, di donne e di uomini di valore, partendo sempre dal basso, perché come diceva Vittorio “L’umiltà è il primo gradino nella scala dell’ambizione. E ai primi passi: chi vi sale va su di faccia”>>.

<<Dopo ogni spettacolo Vittorio ci diceva sempre: i nostri Shakespeare devono essere dei pugni nello stomaco. Perché questo teatro, fatto di sudore, di carne e sangue, privo di orpelli, può anche far piegare in due dal dolore.

Considerato “pazzo” da chi lo osservava superficialmente: Vittorio credeva sì nel caos generatore di vita, ma anche nella vita stessa nell’accezione più ideale e pura. Spesso in lotta con le istituzioni per vedersi riconoscere diritti maturati in una vita intera di mestiere, chi di noi ha vissuto Vittorio da vicino, sa perfettamente che il suo sogno era fare del Collettivo Teatraperto un’azienda.>>

Ora invece, messo da parte il teatro, rimane la vita, cruda.

E rimaniamo noi a doverci sobbarcare il peso delle cicatrici indelebili e a subire il pugno della scomparsa del nostro padre adottivo, spesso incompreso nelle sue battaglie a tal punto da perdere il sorriso. Lui che la porta non l’ha mai chiusa in faccia a nessuno!

<<In un primo momento mi sono arrabbiata nel vedere etichettato Vittorio sui giornali con l’appellativo di “senza tetto”. Ma come? un grande artista e pensatore come lui, sminuito in questa maniera? Poi ho pensato, sì, lui era prima di tutto un uomo “libero” da un sistema che combatteva con tutte le sue forze e che ha avvicinato all’arte teatrale molti ragazzi, me compresa; ricordo ancora quegli anni come i più belli della mia vita.>>

<<È stato e rimarrà un punto di riferimento non solo per noi del Collettivo Teatraperto, un faro per tutti quelli che hanno vissuto un momento buio.  La nostra sede in Via Suppa il martedì era diventata la nostra seconda casa>>.

<< Senza farsi pregare concedeva subito la possibilità di fare teatro. Vittorio apriva le porte a una sperimentazione teatrale diretta; esisteva il teatro ed in primis il teatro del bardo: Shakespeare. Continueremo a farlo alla maniera di Vittorio Cosentino e porterà il suo pregiato nome.>>

Ci teniamo a ringraziare per l’impegno e per l’umanità il Collettivo politico che gestisce l’occupazione dell’ex Caserma Rossani che, in un momento difficile, è riuscita a dargli un tetto in questi anni.Vittorio caro, nell’infinita gratitudine che ti dobbiamo, ti salutiamo con un’immagine ricorrente e a te cara, presa in prestito dalla tua riscrittura del “Giulio Cesare” di Shakespeare ed oggi più che mai, tuo sublime ritratto:

 Nella scena vuota, il corpo morto di Bruto lentamente si risveglia. È l’artista di strada che all’inizio dello spettacolo suonava il flauto. L’artista si alza, conta le monete raccolte e se le mette in tasca. Riprende il suo flauto e, suonando, riparte per andare a esibirsi in qualche altra città … perché il vero artista non si ferma mai, va oltre, anche quando le condizioni sono “impossibili”.

Il Collettivo Teatraperto

(Rossella Biasi, Isabella Cassatella, Giuseppe Ciampa, Maria Antonietta D’Errico, Annamaria De Bellis, Anna Paola De Biase, Valerio Lusito, Maria Luisa Malerba, Grazia Alba Pacilli, Vito Palumbo, Magid Rais, Massimo Zaccaria, Vitangelo Zizzi, Pamela Zullo)

 

 


Pubblicato il 27 Marzo 2020

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