Aveldium, Pactis, Japix: i nomi dell’acqua di ieri
Ciò che è singolare delle ‘lame’ pugliesi è che non tutte raggiungono il mare. La maggior parte di esse nasce e muore lontano dall’Adriatico al termine di un percorso anche breve. Come spiegare tanta anomalia? Che tutte siano il risultato di fiumi sotterranei emersi e che, una volta emersi, abbiano ritrovato la via dell’abisso? Il gran numero di lame ‘anomale ‘ e il fatto che esse spesso siano ravvicinate fa pensare ad altro. Proviamo ad immaginare una Puglia remotissima solcata da più corsi d’acqua che scorrono su un terreno carsico. Trovando voragini a iosa, l’acqua sprofonda e prosegue, attraversa gallerie che serpeggiano nel sottosuolo, il quale diventa fragile e cede. I movimenti tellurici fanno il resto. I cedimenti spezzano il corso della lama, di cui restano frammenti sparpagliati e il cui disordinato insieme non consente di ricostruire l’originale complesso idrografico, anche perché lo stesso fenomeno sembra aver riguardato i possibili affluenti. Fiumi di cui non resta neanche il nome, tanto appartengono al passato. Ma di quelli scomparsi più di recente sopravvive la memoria. E’ il caso dell’Aveldium, del Pactis e dello Japix. Il primo è riportato nella Tavola Peutingenaria, una copia del XII-XIII secolo di un’antica carta romana che mostra le vie militari dell’Impero romano. L’Aveldium attraversava l’agro andriese prima di sfociare tra Barletta e Trani. Il Pactis o Ausonius è citato da Plinio nel suo Naturalis Historia. Quando in tempi relativamente recenti il suo alveo è stato riaccomodato con sostanziali modifiche del percorso originario, ha preso il nome di Canale Reale. Dopo aver attraversato quasi longitudinalmente la provincia di Brindisi, il Canale Reale raggiunge il mare Adriatico in località Iazzo di San Giovanni nei pressi dell’oasi naturalistica di Torre Guaceto. Infine lo Japix. Il Perotti identifica il corso dello Iapix nei resti di un corso d’acqua torrentizio che anticamente lambiva Bari a ovest della città e che sfociava in Adriatico là dove oggi si stende la colmata di Marisabella e dove un tempo lo stesso fiume s’impaludava a ragione di una portata tanto modesta da non avere ragione delle alghe depositate in quel tratto di spiaggia da uno sfavorevole gioco delle correnti. Tale fiume era noto ai baresi come Picone. La traccia lasciata dallo Japix Picone non si è estinta. Il suo letto, che ancora si stende lungo la direttrice Cassano-Sannicandro-Bitritto, periodicamente torna a gonfiarsi quando le precipitazioni sulla Murgia si fanno anomale. In passato le ricadute di taleo fenomeno su Bari erano piuttosto rovinose. Al problema si pose riparo nella prima metà del Novecento scavano imponenti canali deviatori nei dintorni della città. Parallelamente, nel territorio di Cassano, dove si raccoglievano le acque meteoriche poi destinate a fluire in mare, venne avviata un’imponente opera di rimboschimento. – Nell’immagine, il Fortore.
Italo Interesse
Pubblicato il 12 Settembre 2018