Cronaca

Bitonto chiede la sua sede giusta di Giustizia

Nel mentre in Italia si riapre il dibattito per la richiesta referendaria su una “Giustizia” giusta a Bitonto si apre la battaglia per una “sede giusta” di Giustizia. A scatenare l’ira di avvocati ed amministratori comunali della Città pugliese dell’olio d’eccellenza è stato il decreto ministeriale dell’ 8 agosto scorso, con cui il Dicastero della Giustizia ha deciso per il momento di sopprimere solo tre delle sei sezioni distaccate a servizio del Tribunale di Bari, tra cui anche quella di Bitonto. Infatti, secondo una legge del 2012 voluta dall’ex governo Monti,  le sedi 7 distaccate del Tribunale barese dovrebbero essere soppresse per essere inglobate negli uffici della sede centrale del capoluogo. Sta di fatto però che l’attuale sede del Tribunale di Bari non è in condizioni di poter ospitare alcun carico in più rispetto a quelli già presenti, per cui il Ministero della Giustizia recentemente ha inspiegabilmente decretato la soppressione soltanto delle sedi periferiche di Acquaviva, Bitonto, Monopoli e Putignano, lasciando in vita per i prossimi 5 anni quelle di Altamura, Modugno e Rutigliano, dirottando sulle ultime due i carichi rispettivamente di Acquaviva e Bitonto sulla sede di Modugno e quelli di Monopoli e Putignano sulla sede di Rutigliano. Decisione quest’ultima che ha fatto letteralmente infuriare l’Amministrazione bitontina guidata dal sindaco Michele Abbaticchio, ma ancor più la locale associazione forense guidata dal presidente Michele Calamita, che insieme al Comune di Bitonto e ad altri colleghi ha immediatamente presentato un ricorso al Tar-Puglia (Tribunale amministrativo regionale) contro la recente decisione ministeriale di chiusura della sede di Bitonto del Tribunale ed il temporaneo accorpamento in quella di Modugno. Ricorso che lo scorso 29 agosto è stato accolto in via cautelare dai giudici del Palazzo barese di piazza Massari, poiché la chiusura della sede di Bitonto, come pure quelle di Acquaviva, Monopoli e Putignano, era stata stabilita dal Ministero già dal 13 settembre prossimo. Quindi, almeno fino a quando il Tar non deciderà nel merito la richiesta di sospensiva, la decisione ministeriale di spostare nella sede di Modugno i carichi giudiziari di Bitonto non potrà essere eseguita. E la discussione di merito è stata fissata per il prossimo 25 settembre, quando potranno sapere definitivamente se i giudici baresi del Tar confermeranno l’accoglimento cautelare o lo revocheranno. Per il momento è solo certo che il 13 settembre prossimo il Tribunale di Bitonto non chiuderà e che l’attività in esso svolta potrà proseguire regolarmente. Ma vediamo più nei dettagli le ragioni che hanno spinto il Comune e l’Associazione avvocati bitontini a dichiarare guerra al Governo nazionale contro la soppressione della locale sede giudiziaria. Infatti, si rileva nel ricorso presentato al Tar, gli Uffici giudiziari sono ospitati in locali di proprietà del Comune e furono realizzati avvalendosi delle provvidenze di cui all’artico 19 della L.119 del 30.3.1981. Ma anche la successiva realizzazione dell’Aula bunker in esso ospitata è stata finanziata in base alle stesse provvidenze di legge. Per cui, obiettano i ricorrenti, “Non corrisponde assolutamente al vero l’affermazione contenuta nel decreto ministeriale dell’8 agosto 2013 secondo cui solo Modugno e Rutigliano hanno strutture realizzate con fondi statali”. Requisito, questo, richiesto per poter usufruire della prevista proroga di 5 anni concessa ai sensi del D. Lgs 155/2012 per le sedi distaccate di Tribunale che al momento non possono essere ospitate nella sede centrale. Un secondo rilievo sollevato nel ricorso riguarda i particolari della struttura bitontina di via generale Planelli che – secondo i ricorrenti – sarebbe più idonea di quella di Modugno, in cui il Ministero vorrebbe trasferire temporaneamente i locali uffici giudiziari. Infatti, si fa presente che la struttura bitontina si estende su una superficie totale di circa 11.500 mq, di cui 3.200 circa adibiti ad aule giudiziarie ed uffici, oltre 1500 mq ad archivi e 6.700 di superficie scoperta adibita a parcheggio. Ed a tal proposito, si precisa nel ricorso, “La sede di Modugno è totalmente sfornita di aree destinate a parcheggio e, per giunta, presenta barriere architettoniche in quanto priva di accessi per i diversamente abili”. Ma c’è di più, dicono sempre i ricorrenti, perché la sede distaccata di Modugno, a differenza di Bitonto, è mal servita anche dal punto di vista dei collegamenti con mezzi pubblici di trasporto, poiché “L’unica corsa in pullman ha la fermata sulla SS. 96, all’estrema periferia della Città e la stazione ferroviaria di Modugno è ubicata a notevolissima distanza dalla sede degli uffici giudiziari”. Inoltre, la presenza a Bitonto sia della stazione dei Carabinieri che del Commissariato di Pubblica sicurezza e di un nucleo della Guardia di Finanza garantiscono alla locale sede giudiziaria gli indispensabili servizi di collegamento con l’Autorità giudiziaria penale. In fine, si rileva nel citato ricorso, la soluzione adottata con il recente decreto di chiusura della sede di Bitonto “Non solo vanifica la funzionalità nell’erogazione del servizio giustizia assicurato dalla sezione distaccata di Bitonto, ma la concentrazione presso quella di Modugno delle cause di Bitonto comporterà sicuramente quelle stesse disfunzioni lamentate dal presidente del Tribunale di Bari, Vito Savino, per la sede centrale e che costituiscono il presupposto della deroga prevista dall’articolo 8 del D.Lgs 155/2012”. Per la cronaca ricordiamo che tra coloro che hanno organizzato la protesta ed il ricorso degli avvocati bitontini, patrocinarti dal collega barese Antonio Deramo, figura il sindaco di Bitonto della seconda metà degli anni Ottanta ed inizio Novanta, L’avvocato Michele Coletti che all’epoca, con il senatore socialista bitontino di adozione Gaetano Scamarcio, fu tra gli artefici della costruzione della nuova e moderna sede distaccata del Tribunale. Scelta allora fatta dalla Politica con lungimiranza, ma anche grande senso civico, cosa che ora la politica non è forse più in grado di fare. E per questo che sia il Comune che avvocati bitontini hanno preferito forse affidare alla via giudiziaria la risoluzione del problema, con la speranza evidentemente di sopperire all’assenza di logica e buon senso  nelle scelte di una politica sempre più lontana e latitante dai problemi veri della gente e del territorio.          

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 3 Settembre 2013

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