Cultura e Spettacoli

Cifariello: l’omaggio a Caruso

Sembra il busto di un patrizio romano, vero? E invece esso riproduce le fattezze di Enrico Caruso, il celeberrimo tenore vissuto tra il 1873 e il 1921. La scultura trova posto in una villa tardo rinascimentale di Lastra a Signa (FI) che ospita il Museo Caruso (la villa, che dal 1995 è di proprietà del comune di Lastra a Signa, venne acquistata nel 1906 dal cantante partenopeo). Il Museo raccoglie foto, scritti, oggetti personali, costumi di scena donati dal Centro studi carusiani, una raccolta di dischi incisi dal cantante donati da un collezionista newyorkese e un percorso interattivo che offre la possibilità di ascoltare la voce di Caruso visualizzando con un sistema touch-screen le piazze toccate dalle sue tournée. Tra le tante cose spicca la scultura di cui prima. Essa è opera di uno scultore pugliese, di cui oggi ricorre il 156esimo anniversario della nascita. Giuseppe Cifariello venne alla luce il 3 luglio 1864 a Molfetta. Formatosi alla scuola del verismo napoletano, Cifariello fu uno dei più attivi scultori tardo neoclassici della sua epoca, producendo opere in bronzo, in marmo, in terracotta e in argento. Alcune sue opere sono collocate nei musei di Budapest, Düsseldorf, Berlino, Napoli e Roma. A Teano una sua statua sovrasta il monumento ai caduti. Altre opere sono distribuite tra Molfetta (monumento a Giuseppe Mazzini) e Bari. Il capoluogo conserva il monumento equestre a Re Umberto I, i busti di Giuseppe Re David, Salvatore Cognetti e di Araldo di Crollalanza, la statua del lavoratore edile dinanzi al Palazzo delle Opere Pubbliche e altre opere conservate nella Pinacoteca Metropolitana Corrado Giaquinto. Giuseppe Cifariello ebbe fortuna come artista, non come uomo. Un fosco dramma familiare sconvolse la sua vita, quando il 10 agosto 1905 lo scultore molfettese uccise la moglie Maria De Browne a colpi di rivoltella. La grande popolarità di cui Cifariello godeva e la strenua difesa dell’avvocato Gaetano Manfredi in Corte d’Assise a Campobasso agevolarono l’assoluzione del reo per vizio totale di mente. Ma Cifariello continuò ad essere perseguitato dalla sventura: la seconda moglie, Evelina Fabi, gli morì nel 1914, appena ventiduenne, per le gravi ustioni riportate nel maneggiare un fornello a gas. Un terzo matrimonio e la nascita di due figli non riuscirono a salvare dalla depressione l’artista, che morì suicida il 5 aprile 1936 nel suo studio di Napoli. Suo figlio Antonio, che nel dopoguerra fu attore di un certo rilievo interpretando una cinquantina di film, morì a soli trentotto anni in Zambia, in un incidente aereo….

Italo Interesse

 


Pubblicato il 3 Luglio 2020

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