Cultura e Spettacoli

Cinema e brigantaggio, dove le forze di casa nostra?

Il 150enario è acqua abbondantemente passata. In tempi come questi due anni sembrano venti. E’ il momento di tirare le somme. Nel silenzio delle Istituzioni, intellettuali in numero inferiore alle aspettative hanno levato la voce per tornare sulla questione meridionale, sul dilemma briganti sì – briganti no, sul tema della guerra d’aggressione e della guerra di liberazione. A parte qualche buon  libro e pochi convegni d’un qualche interesse, è mancato l’acuto, il grande gesto spettacolare. Ci voleva il cinema, che invece è mancato. Tutta ‘colpa’ di Pasquale Squitieri. Avesse pazientato dodici anni non gli avrebbero boicottato niente. Regista spesso criticato per certa apologia da revisionismo (si pensi a pellicole come ‘I guappi’ del 1973 e ‘Claretta’ del 1984), Squitieri nel 1999 firmò ‘Li chiamarono… briganti!’, un film che racconta la vicenda di Carmine Crocco, il più celebre dei ‘briganti’ post-unitari, in termini di critica revisionista ; una pellicola perciò ben lontana nello spirito dal racconto che dello stesso periodo fecero Pietro Germi e Mario Camerini, rispettivamente con ‘Il brigante di Tacca del Lupo’ (1952) e ‘I briganti italiani’ (1959). Conseguenza di questo narrare in controtendenza fu il ritiro dell’opera dalla circolazione (‘Li chiamarono… briganti!’ è però visibile per intero su you tube). Le ragioni dell’ostracismo non sono mai state rese note. Si dice che il film venne ritirato dietro pressioni dello Stato Maggiore dell’Esercito, che non avrebbe visto di buon occhio la raffigurazione dei metodi brutali attuati dal Regio Esercito ; dal canto suo la Medusa film, proprietaria dei diritti d’autore, continua a rifiutarne la cessione. Le  cose sarebbero andate diversamente se il film fosse uscito due anni fa, 150enario dell’Unità d’Italia. Pur restando quello che è, cioè un film mediocre, ‘Li chiamarono… briganti’ avrebbe avuto un impatto dirompente. E allora sarebbe stato più difficile fargli la guerra. A facilitare il compito dei nemici personali di Squitieri e dei fautori ad oltranza della “vulgata risorgimentale che ancora oggi imperversa… privando la nostra cinematografia di spunti non meno epici di quelli che hanno ispirato il western americano” (da ‘Briganti e pellirosse’ di Gaetano Marabello, Capone Editore, 2011), fu la mediocre qualità del film. Opportunamente il ‘Dizionario dei film’ a cura di Morando Morandini definisce il lavoro di Squitieri “un’occasione mancata di controinformazione storica”. Né dovette portare bene al regista napoletano l’aver fatto ruotare il suo gesto di controinformazione intorno a una figura scomoda e dai contorni ambigui come Crocco. Avesse invece assunto a punto di riferimento un personaggio di tutt’altra caratura morale come il gioiese Pasquale Domenico Romano, altrimenti detto il Sergente, forse Squitieri avrebbe cavato un’opera migliore e più fortunata. Ci avessero almeno pensato i cineasti casa nostra…

Italo Interesse

 


Pubblicato il 27 Giugno 2013

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