Cronaca

Compagni, come desaparecidos

Chi guardi oggi la fontana di Piazza Umberto stenterà a riconoscere il massimo punto di riferimento giovanile della Bari degli anni di piombo. La vasca che in una celebre foto del 1915, tutta lustra e linda, saluta con un  gran getto la prima acqua del Sele giunta nel capoluogo, fu nei giorni delle stragi di Stato un gran sedile rotondo avvolto dal degrado dove si davano convegno militanti e simpatizzanti di sinistra, incluso qualche ‘fascio’ mimetizzato, curiosi e  perdigiorno assortiti. Non esistono molte testimonianze fotografiche di quell’angolo di Bari, poi ribattezzato Piazza Rossa ; intorno a quella vasca non circolavano molti quattrini (e chi li aveva, usava l’astuzia di ostentare proletaria miseria). Gianluigi Trevisi, allora, ha pensato bene di scomodare amici e conoscenti (trentaquattro i contributi) per rastrellare tutto il materiale iconografico sopravvissuto. Ha preso così vita ‘Oltre il giardino : una piazza, una città’, percorso fotografico d’identità socio politica inserito nelle celebrazioni per il bicentenario del borgo murattiano. La mostra, che resterà in esposizione all’ex Palazzo delle Poste fino al 12 marzo, vedrà oggi all’interno dello stesso contenitore la presentazione di un catalogo (ore 18,00). Poco il materiale esposto, sufficiente tuttavia a suggerire l’odore, il colore del luogo e del periodo. Apprezzabile l’assenza di scatti ruffiani, di foto ‘cercate’ (pochissime le immagini dove si vedano pugni levati). Abbonda la serenità nei visi di giovani dediti all’esercizio dell’Illusione, sì che si stenta a credere che quelle espressioni appartengano ad anni in cui le minacce, le aggressioni, gli scontri di piazza e le bombe erano pane quotidiano. Naturalmente, e questo per una difettosa impostazione mentale, sono le foto in bianco e nero a ‘prendere’ di più, ispirando i pochi scatti a colore un che d’innaturale, di estraneo al contesto. Nell’insieme, ‘Oltre il giardino’ arriva come un colpo basso. Perché torna incredibile che da quei giorni siano passati ‘solo’ trentacinque anni, se al 1978, anno della morte di Moro, si dà il valore di ultimo giro di boa degli anni di piombo e dei ‘fasti rossi’ di piazza Umberto. In questi sette lustri, trascorsi come ere geologiche, ne è passata di acqua. A parte la vecchiaia collettiva (inclusa quella, precoce, di ventenni cui la cultura egemone ha saputo estirpare il sollievo del Sogno), c’è che Piazza Umberto ha cambiato pelle più di quanto sia successo ai suoi sospirosi reduci. Globale e ben più insidiosa che in passato, sembra ridersela dei piagnistei di delusi, falliti, sconfitti che oggi, increduli e frettolosi,  l’attraversano o che più prudentemente la fuggono. Ma il ricordo è là, in agguato, pronto a balzare addosso alla prima occasione. Se da qualche parte riconosci l’accordo di una canzone famosa, se in soffitta ritrovi l’Eskimo, (l’impermeabile  impellicciato con cappuccio che a Piazza Rossa faceva da divisa), se un documentario sul piccolo schermo ti sbatte in faccia un viso noto, allora non hai scampo. ‘Oltre il giardino’ rappresenta una di queste crudeli occasioni. Visitarla vuol dire, all’uscita, fare i conti pure con una canzone di Venditti : “Compagno di scuola, compagno di niente / ti sei salvato dal fumo delle barricate? / Compagno di scuola, compagno per niente / ti sei salvato o sei entrato in banca pure tu?”

 

Italo Interesse

 

 

 


Pubblicato il 28 Febbraio 2013

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