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Comunali: aumentate a dismisura liste e candidati, ma non i votanti…

Il proliferare delle liste civiche alla vigilia di un importante appuntamento elettorale locale, qual è quello delle amministrative per eleggere il sindaco e rinnovare il consiglio comunale, sembra ormai essere diventato il miglior antidoto della politica, per combattere l’antipolitica. Infatti, anche nel capoluogo pugliese, in vista delle prossime comunali, la nascita di nuove formazioni civiche sta occupando la scena politica barese a destra, a sinistra ed al centro. I partiti nazionali sembrano quasi compiacersi della nascita di questi nuovi soggetti locali che li affiancano nella campagna elettorale, per far vincere il candidato sindaco prescelto, salvo poi, terminate le elezioni, considerare i rappresentanti di tali formazioni, che sono riusciti ad essere eletti, alla stregua di “camerieri” della politica e, quindi, dei parti tradizionali che si riappropriano della scena amministrativa locale, lasciando agli esponenti delle liste civiche presenti nel consiglio comunale solo il compito di comparse e non anche quello di coprotagonisti della politica locale. E questo, sia che gli eletti delle civiche facciano parte della squadra di maggioranza che di quella di opposizione. Infatti, il più delle volte assistiamo ad una vera e propria transumanza di rappresentanti eletti con liste civiche nelle fila dell’opposizione che, se non subito, dopo qualche tempo passano ad infoltire la squadra di maggioranza. In altri termini, i partiti nazionali nelle competizioni elettorali locali favoriscono la nascita di formazioni civiche, per creare un numero maggiore di contenitori di candidati e, quindi, di maggiori soggetti da utilizzare per la ricerca del consenso, ma poi, una volta conseguita la vittoria o sconfitta del rispettivo candidato sindaco, si riappropriano dei rispettivi spazi amministrativi o politici, a disposizione nell’ente oggetto dell’elezione. Un copione che, da quando è in vigore l’elezione diretta del Primo cittadino ed il connesso premio di maggioranza alla coalizione politica che lo sostiene, a Bari ed in tante altre realtà comunali, si è verificato sistematicamente e, verosimilmente, si verificherà di nuovo anche durante la prossima consigliatura. Il fenomeno, infatti, è assai diffuso nelle assemblee comunali da quando i Primi cittadini sono espressione diretta del corpo elettorale e non più indiretta, come un tempo. Ma stranamente viene minimizzato, se non addirittura ignorato, facendolo passare quasi come un fatto fisiologico per la politica e per il nuovo sistema elettorale. Invece, come è chiaro da tempo ormai, questo fenomeno è la diretta conseguenza di una politica non più intesa come “servizio alla collettività” e, quindi, ai bisogni ed ai meriti della gente, ma solo come forma di “servizio al potere economico”. Forma che sceglie gli amministratori comunali “pro-tempore” attraverso “giochi di squadre” che si formano e si contano ad ogni tornata torna elettorale amministrativa. Giochi a cui i cittadini medi sono sempre più disinteressati e che, quindi, disertano sempre di più le urne, man mano che prendono coscienza e conoscenza di un sistema politico falsato “ab origine” da una legge elettorale truffaldina che, soprattutto nei grandi centri, consegna il Comune non nelle mani degli effettivi rappresentanti del popolo, ma di quelli delle “lobby di potere”. Al riguardo basta fare un paio di considerazioni. La prima è quella relativa al fatto che un tempo, quando le liste civiche erano praticamente assenti sulla scheda elettorale ed il numero delle formazioni presenti nelle competizioni elettorali era relativamente basso (c’erano infatti solo  partiti! ) rispetto a quello dell’ultimo decennio, la percentuale di elettori che si recava al voto era alquanto alta. A volte nelle amministrative andava anche oltre il 90% degli aventi diritto al voto. Ora, con un numero di liste che è mediamente il triplo di quelle presenti precedentemente, quando vigeva il vecchio sistema di elezione indiretta del sindaco, la percentuale di coloro che si recano alle urne, alle amministrative raramente supera il 70%. E ciò nonostante il numero dei candidati sia cresciuto a dismisura. La seconda considerazione riguarda il fatto che nel corso degli ultimi vent’anni il numero dei rappresentanti che compongono i consigli comunali, determinati in base alla popolazione di ciascun Comune, è stato ridotto di oltre un terzo rispetto a quello del vecchio sistema elettorale proporzionale. Contestualmente, invece, il compenso degli amministratori comunali (sindaco, assessori, consiglieri, presidente di circoscrizione, ecc.) si è quadruplicato, ed in alcuni casi addirittura quintuplicato o sestuplicato rispetto alle indennità corrisposte ai tempi del proporzionale. In definitiva, con il sistema di elezione diretta del Primo cittadino si è paradossalmente passati ad una drastica contrazione di rappresentatività della volontà popolare e contemporaneamente ad una smisurata dilatazione di costi della politica per un minor numero di eletti. Da non dimenticare, poi, che ad ogni competizione amministrativa, da vent’anni a questa parte il numero di liste, e quindi di candidati, in lizza aumenta, mentre coloro che vanno a votare diminuiscono ogni volta di più. Certo che per un sistema, come quello italiano, che ama ancora definirsi “democratico”, la riforma elettorale degli enti locali, ad oltre vent’anni da quando è stata introdotta con la legge n.81 del 1993, risultato peggiore non poteva conseguirlo. Infatti, non è difficile prevedere che, se non ci sarà alcuna inversione di rotta, tra qualche decennio il numero degli elettori che parteciperanno alle amministrative (senza buoni spesa, tessere telefoniche e quant’altro!) potrebbe essere ancora superiore ma non di molto, forse, a quello dei candidati presenti nelle varie liste all’occorrenza formatesi.

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 4 Marzo 2014

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