Cultura e Spettacoli

Don Pino, presenza in sospensione

Da qualche tempo sta incontrando molta e meritata fortuna uno spettacolo di e con il nostro Christian Di Domenico. In ‘u Parrinu si racconta e in termini di teatro di narrazione la coraggiosa epopea di Don Pino Puglisi, il parroco del quartiere Brancaccio di Palermo messo a morte dalla mafia ventuno anni fa. Di Domenico mercoledì scorso era alla Sala Prove del Carcere Minorile di Bari, l’Istituto Fornelli, dove ha messo in scena il suo lavoro a beneficio di una quindicina di giovani fra i 16 e i 21 anni. Un’esperienza che possiamo immaginare ‘forte’, vero Christian? – “Sicuramente. Però più ‘forte’ che lo spettacolo in sé, date le amarissime condizioni ambientali, è stato l’incontro con quei ragazzi e che è avvenuto al mattino, prima della messinscena”. – Un incontro facile? – “Inizialmente no. Ho percepito una certa diffidenza, ma c’era anche tanta curiosità. Ciò mi ha consentito, con un approccio prudente, di rompere il ghiaccio e parlare dello spettacolo”. – E loro come hanno reagito? – “Si sono subito appassionati. A un certo punto uno di questi ragazzi mi ha pregato di non spiegare troppe cose altrimenti così si perdevano la sorpresa”.  – E l’impatto dello spettacolo? – “Quasi violento. Già mentre ero in scena mi sembrava di cogliere nel silenzio attentissimo e negli scricchiolii della panche segni di disagio, di travaglio della coscienza. Qualcuno era proprio scosso”. – E al termine? – “C’è stato chi è venuto ad abbracciarmi”. – Pensi che lo spettacolo abbia avuto un effetto terapeutico? – “Non ho questa pretesa. Di sicuro lo spettacolo non li ha lasciati indifferenti. Tutti si sono identificati nei ragazzi del Brancaccio di cui io parlo”. – Hai avuto l’impressione in certi momenti che essi vedessero in te Don Pino? – “Mah, io credo che Don Pino sia sempre ‘presente’ ogni volta che vado in scena con ‘u Parrinu. Egli è presente nei momenti di ‘sospensione’ dello spettacolo, quei momenti in cui parola e gesto rimangono come cristallizzati perché non può essere diversamente.” – Porterai ancora il tuo Parrinu nelle carceri? – “Me lo hanno chiesto, ho accettato, lo faccio volentieri, benché adesso il gioco si faccia ancora più difficile dovendo mettere piede negli Istituti di pena riservati agli adulti. La prossima tappa è proprio il carcere di Bari”. – Sulla scia del successo di ‘U Parrinu insisterai su questa strada? – “Penso proprio di sì. Intanto sto lavorando intorno alla messa in scena di ‘Nel mare ci sono i coccodrilli’, tratto dall’omonimo libro di Fabio Geda che racconta la storia di Enaiatollah Akbari dalla sua nascita in Afghanistan alla sua fuga in Italia per fuggire l’orrore talebano. Non è una storia di mafia, ma è vicina a quella tematica avendo per oggetto i danni prodotti dall’ignoranza, dalla prepotenza e dalla sottocultura”.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 25 Novembre 2014

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