Cronaca

Eden V, la nave ‘sporca’

Lunedì scorso Stefano Pecorella, Presidente del Parco Nazionale del Gargano, ha scritto al Ministero dell’Ambiente e alla presidenza della Regione Puglia per sollecitare una soluzione allo scempio della spiaggia di Lesina dove da troppo tempo  giace il relitto di una nave ; scempio sul quale grava il sospetto del disastro ambientale. Era un tempestoso 16 dicembre 1988 quando l’Eden V, un mercantile d’incerta appartenenza , come poi si vedrà, lungo 95 metri e di 3119 tonnellate di stazza, venne trascinato dall’impeto dei marosi verso la riva garganica. Subito apparve chiaro che qualcosa non andava in quella disgrazia. Prima che la prua della nave si infilasse nella sabbia dell’arenile di contrada Morella, il comandante (Hamad Bedaran) non lanciò alcun SOS. Dopo, rifiutò ogni forma di assistenza facendo sapere di non correre alcun pericolo e che avrebbe provveduto personalmente al disincaglio. Abbandonato dall’equipaggio (17 tra libanesi, pakistani, siriani, indiani, sudanesi ed egiziani), Bedaran venne interrogato dal Sostituto Procuratore di Lucera. Si limitò a deporre che la nave era partita da Beirut per scaricare ferro in un porto croato (Ploce). Riuscì a dileguarsi prima della seconda udienza. Intanto era emerso che la nave, varata in Giappone nel 1969, aveva cambiato nome undici volte prima di essere ribattezzata Eden V. Durante l’ultimo viaggio batteva bandiera maltese, ma a La Valletta negarono l’appartenenza dell’unità al loro Compartimento Marittimo. Ma veniamo all’aspetto più inquietante della faccenda. Attorno alla nave per un raggio di 3 km lungo il litorale vennero rinvenuti 123 barili arrugginiti e maleodoranti che poi si rivelarono carichi di rifiuti tossici. Si teme che molti altri fusti dormano sul fondo dello specchio d’acqua dove ebbe luogo il naufragio. Nel 2007 il relitto venne sottoposto a sequestro dalla Procura di Lucera per lavori di smantellamento che poi furono sospesi. Ipotizzando, l’Eden V, una della tante navi losche che solcano il Mediterraneo, trasportava un carico ‘sporco’ di svariate tonnellate da far sparire in fondo all’Adriatico, grosso modo all’altezza del Gargano. Poi l’imprevisto, la tempesta. E, una volta a riva, la nave liberata frettolosamente del suo carico imbarazzante ; ciò spiega il dileguarsi dell’equipaggio e la presenza di questi “blocchi di manufatti compatti di natura non identificata” disseminati lungo l’arenile. In conclusione, colpevoli impuniti e doppio danno ambientale, di cui il primo è invisibile (i fusti andati a fondo) il secondo invece è sotto gli occhi di tutti : un enorme cumulo di ferraglia che avrà fatto la gioia dei fotografi, non dei difensori dell’ambiente. Bene ha fatto Pecorella. Hanno speso milioni di euro per raddrizzare il Concordia e salvare il panorama di Isola del Giglio, possono spendere poche centinaia di migliaia di euro per liberare di ruggine una spiaggia che rientra all’interno di un Parco Nazionale (quello del Gargano).

Italo Interesse

 


Pubblicato il 21 Novembre 2013

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