Cultura e Spettacoli

I trappeti, l’oblio e l’oltraggio

A metà Ottocento in Terra d’Otranto, come anticamente si denominava la circoscrizione amministrativa che raccoglieva le province di Brindisi, Lecce e Taranto, erano 1073 i trappeti censiti. L’ultimo censimento dei frantoi oleari pugliesi costruiti sotto terra risale al 2006 e rivela numeri sconfortanti : quattro trappeti nel barese, sette nel brindisino, ventidue nel tarantino e centoventiquattro nel leccese.  Manca all’appello quasi un migliaio di strutture. Che fine hanno fatto? La più desolante : trasformate in pozzi neri o riempite con materiali di risulta.  E’ desolante da noi la mancanza di sensibilità verso ogni traccia di civiltà contadina. Quanta storia dietro i trappeti. Venivano scavati nel tufo dai ‘foggiari’ a colpi di piccone oppure venivano ricavati allargando ancora a colpi di piccone cavità naturali, fosse granarie e persino cripte basiliane, quando in abbandono. La scelta di produrre olio lavorando sotto terra invece che in superficie si spiega con la necessità di disporre di locali dove la temperatura si mantenesse costante fra i 10 e i 15 gradi. Data la tecnologia dell’epoca era indispensabile che la premitura della drupa avesse luogo in un locale tiepido e poiché il trappeto fungeva anche da deposito occorreva scansare al prodotto finito sia il rischio del congelamento, sia quello dell’inacidimento. Il trappeto era un luogo di lavoro a dir poco infernale. Vi si respirava a fatica, vuoi per le esalazioni della lavorazione, vuoi per la carenza di prese d’aria ; a parte un buco al centro della volta del vano maggiore e che fungeva da luogo di transito per uomini, animali e orci colmi di olio, i trappeti non offrivano altre aperture. Alla scarsissima luce naturale si suppliva con lucerne. Immersi in quel chiarore irreale i ‘trapinari’ sgobbavano come dannati danteschi. Non stavano meglio le bestie, poveri equini già ‘macinati’ dall’esercizio dell’aratro o del calesse. Bendati per evitare capogiri, poveri ronzini dovevano girare intorno ad una vasca circolare dentro la quale ruotava la pietra molare ; è appena il caso di osservare che quel pesantissimo manufatto in calcare duro era frutto del lavoro inumano e sottopagato di anonimi scalpellini… Quel poco che è rimasto dei gloriosi trappeti è al presente oggetto di amorevoli cure. Alcuni di questi ipogei sono stati trasformati in musei della civiltà contadina. Altri, opportunamente restaurati, sono meta di scolaresche curiose di scoprire come funzionava l’industria olearia in passato. Ma qualche altro e meno fortunato trappeto funziona come ristorante. Provi a immaginare il lettore come quei ristoratori hanno battezzato il locale…

Italo Interesse

 


Pubblicato il 10 Aprile 2015

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