Cultura e Spettacoli

Il Sergente salvato dalle onde

Vitoronzo Pastore è un ricercatore tenace. Da anni, in silenzioso eroismo, si consacra  alla missione di strappare il velo dell’oblio dal dramma dei tanti militari italiani impegnati nel secondo conflitto mondiale. L’ultima sua pubblicazione, edita da Suma, si intitola ‘Sentieri del non ritorno’ e si occupa dei Caduti del 2° Corpo Polacco e dei Caduti e Dispersi del Sud-Est barese tra il 1940 e il 1945. A pagina 248 si narra dell’avventurosissima vicenda del Sergente Bruno Dalla Croce. Il nostro graduato era bordo dell’Oceania in navigazione verso l’Africa quando, il 18 settembre 1941,  la nave venne attaccata da un sommergibile britannico : “Al largo di Malta i nostri aerei abbandonarono la copertura lasciandoci al nostro destino. Girava voce che gli Inglesi ci aspettassero e io quella sera non me la sentii di scendere sottocoperta mentre un mio compaesano Lucio Fioretto preferì il caldo della cuccetta alla scomodità del ponte  e del giubbetto di salvataggio ; non lo rividi più. Verso le quattro del mattino la nave fu squassata da un’esplosione e cominciò a sbandare, ma dicevano che c’era tutto il tempo di mettersi in salvo. Vidi scene surreali : soldati che scattavano foto ricordo, il furiere che distribuiva le paghe…” Poi arrivò il secondo siluro. A quel punto non restava che tuffarsi nel mare in tempesta. “In acqua le onde mi sbattevano continuamente contro lo scafo ; non riuscivo ad allontanarmi e non so come sfuggii al risucchio quando la nave si inabissò. Riuscii ad issarmi su una piccola zattera… persi i sensi e mi svegliai in ospedale… mi raccontarono che un idrovolante mi aveva scorto..”.   Una volta ristabilitosi, Dalla Croce rientrò in servizio come capo motorista combattendo a Sidi el Barrani e a El Alamein : “Intervenivamo sul campo di battaglia per recuperare gli automezzi recuperabili compresi quelli del nemico che al contrario dei nostri si insabbiavano. Una volta riparai l’autoblindo del comandante di un reparto tedesco che nessuno riusciva a mettere in moto… mi regalarono una montagna di viveri”. Fatto prigioniero, Dalla Croce riuscì a fuggire grazie all’aiuto di alcuni civili italiani (coloni di Treviso) : “Mi avevano passato attraverso i reticolati degli abiti civili”. Catturato una seconda volta, dovette patire prima la quarantena a Casablanca, poi l’imbarco per Boston. In America accettò di diventare “collaboratore di guerra”, ovvero prigioniero lavoratore. Rientrò in Italia nell’ottobre del ’45. Oggi – Dalla Croce ha 87 anni e due croci al merito di guerra – aspetta ancora che lo Stato gli versi la sua parte dei miliardi di dollari che gli USA consegnarono all’Italia come pagamento di quell’impegno, non secondario per l’industria bellica americana. Ma le speranze di Bruno Dalla Croce, e dei pochi commilitoni di allora ancora in vita, conclude amaramente l’autore, sono naufragate come le navi italiane affondate dagli Inglesi nel Mediterraneo.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 25 Marzo 2015

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