Cultura e Spettacoli

‘Inciampare’ nella memoria dei Caduti

Le cosiddette pietre d’inciampo (in tedesco Stolpersteine) consistono in blocchetti quadrati di pietra incorporati a scopo celebrativo nel selciato dei marciapiedi. L’espressione “inciampo” va intesa non in senso fisico, ma visivo e mentale. Funzione della Stolpersteine è fermare il pedone affinché ponga attenzione al contenuto sulla piastra in ottone di 10 x 10 cm. che ricopre la pietra. Su tali targhette sono indicate le generalità delle persone messe a morte dai nazisti con l’indicazione dell’eventuale luogo in cui esse vennero deportate e la data della morte, se conosciuta. Generalmente sono poste davanti alla porta della casa in cui abitò la vittima o nel luogo in cui fu fatta prigioniera. Ideate dall’artista tedesco Gunter Demnigcontro il negazionismo e la memoria imperfetta o ‘accomodata’ a proposito delle deportazioni naziste avvenute durante la seconda guerra mondiale, le Stolpersteine trovano posto in ventisei dei paesi europei che conobbero i guasti della croce uncinata. Queste pietre ‘segnano’ molti marciapiedi italiani. Fra le molte presenti a Roma, ne segnaliamo una, quella antistante il civico 54 di via Licia. Vi si legge: “Qui abitava Gioacchino Gesmundo, arrestato come ‘politico’ il 29 gennaio 1944 e assassinato alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944” (vedi immagine). Gioacchino Gesmundo era un pugliese, essendo nato a Terlizzi il 20 novembre 1908 (lo ricordiamo oggi nel 114° anniversario della nascita). Docente di storia e filosofia presso il Liceo Cavour, Gesmundo militava clandestinamente nelle file del Partito Comunista Italiano. Fece della sua casa prima la redazione dell’Unità, poi la sede dei GAP, Gruppi di Azione Patriottica. Il 29 gennaio 1944 la polizia collaborazionista fece irruzione nel suo appartamento dove furono rinvenuti sacchi contenenti chiodi a quattro punte (si scoprirà in seguito che Gesmundo stava organizzando un attentato ai danni dei trasporti tedeschi). Venne così arrestato e tradotto nelle carceri di via Tasso (la sua cella è stata la n° 13) per essere interrogato. Qui venne torturato per circa un mese. Fu condannato dal tribunale di guerra tedesco alla pena capitale. Affrontò la morte alle Fosse Ardeatine assieme al suo concittadino Don Pietro Pappagallo. A Gioacchino Gesmundo, insignito della medaglia d’oro al valor militar, Terlizzi ha intitolato un edificio scolastico; ancora la città natale lo ha omaggiato con una targa in via Vittorio Veneto. Ricordano Gesmundo anche Rieti, Formia e Roma attraverso targhe, intitolazioni di complessi scolastici e biblioteche. Nel Museo storico della Liberazione nella capitale si conserva una sua camicia insanguinata.

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 20 Novembre 2021

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